Václav #50
27 marzo - 14 aprile 2021
Il coronavirus viaggia a velocità diverse in Europa Centrale. La Repubblica Ceca, dopo mesi disastrosi e un lunghissimo stato di emergenza, registra una flessione della curva dei contagi e dei decessi, e gradualmente riapre scuole e attività. Anche l’Ungheria tenta la strada della riapertura, ma ha un tasso di mortalità altissimo: al momento il più elevato al mondo. La Slovacchia tallona da vicino, anche se il peggio sembra essere passato. In Polonia, prorogate le restrizioni. Gli ospedali sono sotto pressione.
E poi c’è la questione dei vaccini, con lo Sputnik V al centro del dibattito. In Slovacchia, sull’acquisto di dosi di siero russo, c’è stata una crisi di governo. In Repubblica Ceca, non mancano le fibrillazioni politiche, sempre intorno al preparato di Mosca.
Non di sola pandemia ci occupiamo. Ampio spazio, nella nostra rassegna, a temi quali la trilaterale sovranista di Budapest tra Orbán, il premier polacco Morawiecki e Matteo Salvini; lo sbarco di un ateneo cinese a Budapest; assalti respinti o in corso al comparto stampa da parte degli esecutivi di Varsavia e Praga; ex calciatori che si dividono, e siamo ancora in Ungheria, sui diritti delle minoranze sessuali.
Chiudiamo anche questa edizione del Václav, la 50, cifra tonda, con una sezione dedicata alla cultura. La apre una notizia sulla scoperta di un gulag a Praga, la chiude la candidatura di Nitra, città slovacca, a capitale culturale Ue 2026.
Buona lettura!
Covid: chi riapre e chi no
Domenica 11 aprile è terminato lo stato di emergenza in Repubblica Ceca, attuato per ben sei mesi. Sono cessate di conseguenza alcune delle restrizioni più severe, a partire dal coprifuoco alle 21 e dal divieto di circolazione tra distretti. Da lunedì 12 sono stati riaperti gli asili, così come le scuole materne e primarie, queste ultime fino al quinto dei nove anni. Mascherina obbligatoria per gli studenti. Secondo l’Unesco, le scuole ceche sono quelle, nell’Ue, che in media sono rimaste chiuse più a lungo. La fine dello stato d’emergenza, mentre la curva epidemica si appiattisce, anche se lo scenario resta difficile, coincide con la riapertura di alcuni negozi di generi non essenziali. Fonti: Reuters e Radio Prague International.
Anche in Ungheria si registra un alleggerimento delle misure restrittive, a partire dal 6 aprile, e dopo un mese di lockdown. Il governo ha optato per questa scelta a seguito del successo della campagna vaccinale, tra le più efficaci in Europa, grazie anche all'utilizzo del siero russo Sputnik V. Almeno un quarto degli ungheresi, due milioni e mezzo di persone, ha già ricevuto la prima dose. Il 10% ha avuto anche la seconda.
Ma la fase critica non è ancora superata. Per effetto della variante inglese, l’Ungheria è il primo Paese al mondo per mortalità da covid-19 in rapporto alla popolazione. Il 7 aprile si è registrato il numero maggiore di vittime dall'inizio della pandemia, 311. Via Euronews. Quanto ai contagi, dopo il periodo pasquale, hanno ripreso a salire, sino a raggiungere i 7325 del 9 aprile. Gli ospedali restano sotto pressione, e la situazione nelle terapie intensive è particolarmente difficile.
Molto grave la situazione in Polonia. La settimana appena passata è stata la più tragica sotto il numero dei morti: 954 i decessi contati l’8 aprile, il numero più alto da inizio pandemia. Perlomeno, il picco di fine marzo, quando si superarono i 35mila nuovi casi giornalieri, sembra superato, sebbene la pressione sugli ospedali rimanga molto alta. Il governo ha deciso di prolungare l’effetto delle misure restrittive fino al 18 aprile. Resteranno ancora chiusi gli asili, i centri commerciali (esclusi i servizi non essenziali), gli hotel, i cinema, e i teatri. Da Notes From Poland.
Nel frattempo, diventa più flessibile l’accesso alle vaccinazioni. Via dunque alla possibilità di registrarsi anche per gli over 40. L’obiettivo è riuscire a somministrare il vaccino entro la fine di agosto a tutti coloro disposti a riceverlo. Il cambio di passo non è stato però impeccabile. Il sistema delle registrazioni è andato in tilt per 24 ore. La situazione è stata successivamente sanata. Via Reuters.
E per finire la Slovacchia. Il tasso di mortalità resta tra i più alti al mondo, ma in termini di nuovi contagi giornalieri e ospedalizzazioni si assiste a un chiaro miglioramento. Dall’inizio di aprile il primo indicatore è stabilmente sotto quota mille, meno della metà di quanti se ne registravano nei primi mesi del 2021. Intanto, riaprono progressivamente le scuole, informa lo Slovak Spectator, e la rivista Scientific American dedica un approfondimento al caso Slovacchia, sottolineando l’efficienza organizzativa dei test di massa a livello nazionale dello scorso autunno.
Tasso di mortalità nei Paesi V4, 1 ottobre 2020 - 12 aprile 2021 | Da Our World in Data
Passiamo alla partita dei vaccini, con le sue implicazioni politiche. Partiamo da Budapest, il Paese Ue che sta ricorrendo a più preparati. Un vero e proprio laboratorio della “battaglia vaccinale” che vede impegnati Occidente, Russia e Cina. Oltre a quelli messi a punto nello spazio euro-americano, l’esecutivo magiaro ha acquisito il siero russo Sputnik V e quello cinese, Sinopharm. Ora ci sarebbe l’idea di ricorrere a un secondo siero cinese, CanSino, da inoculare in casi di emergenza.
La Repubblica Ceca, invece, prende le distanze da Bruxelles seguendo il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che critica lo schema di ripartizione delle scorte deciso della Commissione. Quest’ultima, come controproposta, ha offerto più scorte per i Paesi membri più in difficoltà. Tra questi, figura la Repubblica Ceca. Le sarebbero spettate 70mila dosi aggiuntive, ma il premier Andrej Babiš ha rifiutato il meccanismo, allineandosi a Kurz. Poco male: la stessa Austria, la Slovenia e l’Ungheria, Paesi retti da governi eurocritici o apertamente euroscettici, hanno fatto squadra per inviare a Praga 80mila dosi. Un articolo di Politico. E nel frattempo, altro cambio al vertice della Sanità: il quarto dall’inizio della pandemia. Esce di scena Jan Blatný, giura al suo posto come ministro Petr Arenberger. Per Al Jazeera l’avvicendamento indicherebbe un’apertura a Sinopharm e Sputnik, contrastata da Blatný. E proprio sul siero russo si è consumata nei giorni scorsi una crisi di governo a Bratislava. Ne parliamo nella sezione Paese sulla Slovacchia, qui sotto.
Slovacchia
Il neo premier Eduard Heger, a sinistra, e l’ex premier Igor Matovič.
Foto tratta dal profilo Facebook di Heger.
Cambiare tutto per non cambiare niente
Per Igor Matovič, il colpo fatale è arrivato con la contestatissima mossa di acquistare dosi del vaccino di produzione russa Sputnik V senza avvertire gli alleati. Matovič è stato costretto a rassegnare le dimissioni da presidente del consiglio. Al suo posto l’ex ministro delle Finanze, nonché vicepremier Eduard Heger. Lo riporta il Post.
La casella lasciata vuota verrà occupata proprio da Matovič, che resta così nell’esecutivo. Su Reporting Democracy, Edward Szerekes dà una lettura molto netta della situazione. La staffetta tra Matovič e Heger è un cambiare tutto per non cambiare niente.
Sputnik in magazzino
Tutto diventa più paradossale se si considera che le due milioni di dosi di siero russo acquistate da Bratislava restano sotto chiave in un magazzino. Zero somministrazioni. Secondo quanto riportato da Europa Today, che cita a sua volta il quotidiano slovacco Dennik N, l’Agenzia slovacca del farmaco avrebbe scoperto che il preparato russo ha una composizione diversa da quella usata per gli studi internazionali. Mosca, per questo, si è irritata. Sempre Il Post riferisce che sarebbe intenzionata a chiedere indietro le dosi di Sputnik V.
Bratislava appoggia Kiev
Come se non bastasse, è arrivato un altro pretesto di tensione tra Mosca e Bratislava dovuto ai movimenti di truppe russe ai margini del territorio delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Il ministro degli Esteri slovacco, Ivan Korčok, ha dichiarato con un tweet segnalato da Buongiorno Slovacchia che il governo continua a sostenere la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, ricevendo i ringraziamenti del suo parigrado di Kiev. Una presa di posizione molto chiara, giunta in occasione del 17° anniversario dell’adesione della Slovacchia alla Nato, salutata con toni di orgoglio e fedeltà da parte del ministro della difesa Jaroslav Naď. C’è da credere che Mosca non sia contenta.
Repubblica Ceca
Licenziato il ministro degli Esteri filo-occidentale
Aveva espresso molti dubbi sui possibili investimenti russi nel settore nucleare e sull’ipotetico acquisto di vaccini non-Ue. E proprio questo, ritengono in molti, è il motivo per cui il presidente della Repubblica Miloš Zeman ha revocato l’incarico al ministro degli Esteri, Tomáš Petříček, esponente socialdemocratico del governo di coalizione. La notizia arriva da Ansa e Bloomberg. Petříček si era di recente candidato alla guida del proprio partito, in vista delle elezioni parlamentari di questo autunno, ma aveva subito una sconfitta al congresso. Ha pesato anche questo, nel suo farsi da parte, scrive Bne Intellinews.
“L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea sta spingendo molti cechi emigranti oltre Manica dopo l’allargamento europeo del 2004 a fare ritorno in patria. ”
Via dalla Brexit
Lunga storia di Tim Gosling per Al Jazeera sui cechi tornati di recente a vivere in patria, dopo anni trascorsi nel Regno Unito. Londra, insieme a Stoccolma e Dublino, fu una delle tre capitali Ue che dopo l’allargamento del 2004 aprì le proprie frontiere a cechi, polacchi e altri nuovi cittadini europei. A quel tempo, la Repubblica Ceca era un Paese nel pieno della transizione, con molte criticità, mentre il Regno Unito era fonte di ispirazione e terra di opportunità. Si stima che 100mila cechi vi risiedano e che, pur se i dati sono difficili da raccogliere, solo 60mila abbiano intenzione di restare. Una buona fetta di expat medita il ritorno, o già è rientrata. Da un lato, il Regno Unito è cambiato in peggio. Dall’altro, la Repubblica Ceca è cresciuta economicamente, come servizi pubblici e come qualità della vita.
Incidente in elicottero, muore il miliardario Petr Kellner
Era l’uomo più ricco della Repubblica Ceca, con un patrimonio personale di 17,4 miliardi di dollari, secondo Forbes. La sua holding, Ppf, ha interessi in vari campi: finanza, assicurazioni, media, telecomunicazioni, manifattura. Kellner, 56 anni, è morto in un incidente in elicottero in Alaska. Nei primi anni della transizione lavorò in un’azienda che vendeva nell’ex Cecoslovacchia fotocopiatrici Ricoh. Fiutò poi il grande affare delle privatizzazioni, e da lì iniziò la scalata al vertice del potere economico. Kellner lascia moglie e quattro figli. Ora si apre la partita per l’eredità. L’articolo di Bloomberg.
“Salvate il servizio pubblico”
Appello della European Broadcasting Union (Ebu), l’unione delle emittenti televisione europee, per impedire l’assalto del governo ceco a Česká Televize (Ct), il servizio pubblico nazionale. In vista delle elezioni politiche di ottobre, si legge in un comunicato Ebu, il governo di Andrej Babiš sta cercando di assumere il controllo del consiglio di amministrazione di Ct, con l’obiettivo di estrometterne l’amministratore delegato Petr Dvořák, apprezzato per la sua imparzialità e, tra l’altro, vice presidente di Ebu.
La sconfitta dei no vax
La legge ceca è chiara: niente asilo e scuola materna per i bambini non sottoposti alle vaccinazioni per l’infanzia. Alcuni genitori no vax l’hanno contestata davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ricorso respinto. Nel conflitto tra privacy e salute pubblica deve prevalere quest’ultima, hanno sostenuto i giudici. La Repubblica Ceca non è il solo Paese Ue a prevedere la vaccinazione obbligatoria nelle scuole materne. Anche Italia, Francia e Germania hanno scelto questo percorso. Il pezzo della Bbc.
Ungheria
La trilaterale sovranista
Non è stato un pesce d'aprile l'incontro avvenuto all'inizio del mese a Budapest fra Viktor Orbán, il premier polacco Mateusz Morawiecki e il leader leghista Matteo Salvini. I tre si sono visti per rinsaldare la loro alleanza politica fondata su libertà, famiglia, cristianesimo, sovranità e opposizione all’antisemitismo. Obiettivo: un “rinascimento europeo”. Per ora rimandato, tuttavia, ogni passo concreto sulla creazione di un nuovo gruppo comune, all’Europarlamento, tra la Fidesz di Orbán, la Lega di Salvini e Diritto e Giustizia (PiS), la forza di destra al potere in Polonia dal 2015.
Dopo la recente uscita di Fidesz, dal Partito popolare europeo a Bruxelles, Orbán vorrebbe accelerare i tempi in tal senso, e altri incontri seguiranno, ma permangono alcune divergenze politiche tra i tre partiti sovranisti. Approfondiscono Il Post ed East Journal, mentre l’Associated Press ricorda che l’ostacolo più difficile da superare, in questo senso, sono le posizioni divergenti sulla Russia. Salvini e Orbán non hanno mai nascosto il loro feeling con il presidente Vladimir Putin. Diritto e Giustizia, al contrario, è ostile a Mosca. Non sarebbe facile spiegare all’elettorato un’alleanza con due partiti, la Lega e Fidesz, dichiaratamente filorussi.
Domande scomode
«Qual è l'obiettivo di questa alleanza politica e chi sta pensando di farne parte?». È una delle domande inviate ai rappresentanti di Fidesz presso l'Europarlamento dalla giornalista Franziska Tschinderle, del periodico austriaco Profil. Quesiti legati alla possibile intesa fra Orbán, Morawiecki e Salvini che sono stati definiti «accuse provocatorie mascherate da domande» all'interno di un servizio trasmesso dalla televisione pubblica ungherese M1 il 6 aprile. Il programma ha preso di mira la reporter austriaca, definendola «giornalista amatoriale» al soldo della sinistra liberale. Il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg, ha definito il servizio «inaccettabile» e chiesto spiegazioni al suo omologo ungherese, Péter Szijjártó. Questi ha replicato sostenendo che Tschinderle diffonde fake news. La vicenda su Insight Hungary.
L’incontro di Budapest tra Orbán, Morawiecki e Salvini. Foto tratta dal profilo Facebook del premier ungherese.
Licenziato l'allenatore anti Lgbt+
Dichiarazioni inopportune sono costate il posto a Zsolt Petry, ex allenatore dei portieri dell'Hertha Berlino, club calcistico della Bundesliga. Intervistato dal quotidiano Magyar Nemzet il 5 aprile, Petry ha criticato il connazionale Péter Gulácsi, portiere della nazionale e del RB Lipsia, che di recente aveva contestato una nuova legge ungherese che impedisce alle coppie Lgbt+ di adottare bambini. «Non so cosa abbia convinto Péter a difendere omosessuali, travestiti e altre persone “gender”. Mai lo avrei fatto al posto suo», ha dichiarato Petry, che ha anche attaccato la politica europea sull'immigrazione, definita «esempio di un declino morale». Frasi che hanno convinto la dirigenza dell'Hertha a licenziarlo, come scrive Radio Free Europe.
Il portavoce del governo ungherese, Gergely Gulyás, ha definito il licenziamento di Petry «oltraggioso», mettendo in discussione il modo in cui lo stato di diritto è esercitato in Germania. Un attacco molto duro nel quale Gulyas ha addirittura alluso a presunti parallelismi fra la Germania attuale e il regime nazista. Se ne parla su Euractiv.
Intanto, il canale sportivo magiaro Spíler Tv - parte del network filogovernativo Tv2 - ha dato il ben servito a János Hrutka, uno dei suoi storici commentatori, ex difensore della nazionale. Nonostante l'emittente sostenga altrimenti, il suo licenziamento sembra legato al fatto che Hrutka aveva commentato favorevolmente le frasi di Gulácsi a sostegno delle famiglie arcobaleno. Via Telex.
Comunità rom a rischio
Una delle comunità più colpite dalla pandemia è quella rom, che conta 700mila membri. Mancano dati attendibili sul tasso di diffusione del virus e sulla mortalità, ma le condizioni di povertà e sovraffollamento nelle quali vive una larga parte dei rom ungheresi destano molte preoccupazioni. E secondo uno studio condotto dall'Università di Pécs a febbraio, solo il 9% dei rom sarebbe favorevole a ricevere un vaccino: uno scetticismo che rende la loro situazione ancora più precaria. L'articolo di Euractiv.
L’ateneo made in China
Il governo Orbán si prepara a dare il via libera alla costruzione di un nuovo campus universitario privato a Budapest. Un affare da 540 miliardi di fiorini (1,5 miliardi di Euro) per realizzare una filiale dell'Università di Fudan – la cui sede è a Shanghai - nella capitale ungherese. I costi sarebbero coperti dal governo magiaro, tramite un prestito, e sono superiori a quanto speso dall'esecutivo per l'intero settore accademico nazionale nel 2019. Documenti ufficiali testimoniano inoltre come la costruzione del campus verrebbe assegnata automaticamente alla ditta cinese Cscec, senza lo svolgimento di una regolare gara d'appalto. Una storia svelata in inglese dal portale ungherese Direkt36.
E su questo tema è in corso uno scontro tra il governo e le autorità cittadine di Budapest, contrarie alla realizzazione del futuro campus cinese al posto della cittadella studentesca, progetto già approvato. Qualora avvenisse, il sindaco Gergely Karácsony ha minacciato di far saltare i mondiali di atletica leggera del 2023.
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Polonia
Assalto ai media, c’è uno stop
Un tribunale distrettuale di Varsavia ha sospeso l’acquisizione della casa editrice Polska Press, in precedenza controllata da capitale tedesco, da parte della compagnia energetica statale Pkn Orlen. Effettuata a dicembre, aveva destato grande scalpore. Polska Press, proprietaria di 20 quotidiani regionali, 120 settimanali locali, centinaia di siti web e alcune tipografie, era di fatto finita nelle mani del governo, orientato alla “ripolonizzazione” del settore stampa. Si stima che il network raggiunga un bacino di 17,4 milioni di lettori. Ora, l’improvviso stop. Il giudice ha accolto il ricorso del Difensore civico Adam Bodnar. Ne scrive Reporting Democracy.
Giustizia, Bruxelles sventola un altro giallo
La Commissione europea ha deferito la Polonia alla Corte di giustizia europea per la riforma del suo sistema giudiziario, che mina l’indipendenza della magistratura. È l’ultimo atto di un confronto sulla giustizia che va avanti dal 2015. Sono quattro le procedure di infrazione in materia avviate in questi anni. Nell’ultima, quella di cui diamo conto, nel mirino di Bruxelles è finita la Camera di disciplina, un organo di controllo della Corte Suprema che può comminare sanzioni di vario tipo ai giudici ritenuti non conformi. Secondo il commissario alla Giustizia, Didier Reynders, la legge che ha istituito la Camera disciplinare infrange l’ordinamento europeo. Dura la reazione di Varsavia. Per il portavoce del governo, Piotr Mueller, la causa «non ha alcuna giustificazione giuridica e fattuale». Se ne parla su Deutsche Welle ed Euronews.
Cittadini polacchi arrestati in Bielorussia
Quattro cittadini polacchi sono stati arrestati in Bielorussia con l’accusa di aver «intenzionalmente incitato all’odio e alla discordia etnica, nonché alla riabilitazione del nazismo». Si tratta di Andżelika Borys, presidente dell’associazione polacchi in Bielorussia, di due membri di quest’ultima, Irena Biernacka e Maria Tiszkowska, e del reporter Andrej Poczobut. Gli arresti sono il frutto dell’ennesimo giro di vite attuato dal regime di Aleksandr Lukashenko, nei confronti dell’opposizione. In prossimità del 25 marzo, giornata in cui si ricorda la proclamazione d’indipendenza del 1918, sono state ben 200 le persone portate in carcere. Immediata la risposta di Varsavia. Il primo ministro Morawiecki ha chiesto il rilascio dei concittadini, la cui detenzione è stata interpretata come un atto ostile «Ogni polacco che si trova in Bielorussia potrà contare sul nostro aiuto», ha dichiarato. La storia viene raccontata su Linkiesta da Alessandro Ajres.
Una pensione per cani e cavalli
Una pensione che garantisca una vecchiaia serena a cavalli e cani che hanno servito lo stato è allo studio del governo. Il ministro dell’Interno Mariusz Kaminski lo ha definito un obbligo morale verso quegli animali che salvano vite e permettono di catturare pericolosi criminali. Come riporta Associated Press, la possibile norma interesserà circa 1200 cani e più di 60 cavalli.
Hurkacz campione a Miami
Si è infranto in finale il percorso del tennista italiano Jannik Sinner al Masters 1000 di Miami. A fermarlo, il polacco Hubert Hurkacz, suo abituale compagno di doppio, con il punteggio di 7-6, 6-4. Una vittoria di prestigio per il tennista polacco, la terza in carriera in un torneo Atp. In semifinale aveva battuto il numero otto al mondo, Andrei Rublëv; ai quarti il numero cinque del ranking, Stefanos Tsitsipas. Grazie al trionfo, l’atleta di Wrocław sale così al 16° posto della classifica Atp. Ne scrive Reuters.
Cultura
Lavori forzati per la statua di Stalin a Praga
Fu inaugurata nel 1955, due anni dopo la morte del dittatore sovietico. Dominò il parco di Letná, dove fu collocata, e lo skyline di Praga. Nel 1962, quando ormai i crimini di Stalin erano noti, fu demolita. Da recenti scavi, è emerso che proprio nei pressi della vecchia, enorme, statua a Stalin, sorgeva campo di lavoro forzato. I detenuti, a quanto pare, furono impiegati nei lavori per la realizzazione del gigantesco monumento. Ne parla il Guardian.
Studiare ai tempi di Kádár
Una serie televisiva ambientata negli anni ‘80 ungheresi per narrare le storie di alcuni studenti universitari determinati a opporsi al regime comunista, ma costretti dallo status quo a scendere a compromessi per farlo. Si intitola Besúgó (L’informatore) e la sta producendo Hbo Europe. La serie racconterà gli ultimi anni dell'Ungheria di János Kádár, il segretario generale del Partito socialista dei lavoratori, salito al potere dopo l'Insurrezione del '56. Curiosamente, uno dei leader dell'opposizione anticomunista negli anni '80 fu l'attuale premier Viktor Orbán, che oggi è fortemente contestato proprio dagli studenti universitari ungheresi. Ne scrive Kafkadesk.
Shoah, il New Yorker non risparmia Varsavia
Un articolo uscito sul New Yorker ha scatenato veementi polemiche in Polonia. Si faceva riferimento alla vicenda dei due storici finiti a processo per aver collegato, all’interno di un loro libro, l’ex sindaco del villaggio di Malinowo all’uccisione di alcune decine di ebrei (ne avevamo scritto nei Václav 46 e 47). In particolare è finito sotto accusa il sottotitolo, che alludeva a una responsabilità diretta della nazione polacca nella tragedia della Shoah. Oltre alle critiche del governo, che ha minacciato reazioni diplomatiche, sono giunte anche quelle della direzione del museo di Auschwitz-Birkenau. A seguito delle polemiche, il sottotitolo è stato modificato. L’autrice dell’articolo, Masha Gessen, ha raccontato di essere stata oggetto di insulti e minacce di morte. La storia viene raccontata su Il Post.
In Polonia, le ceramiche dei Vandali
Il più grande centro di produzione di ceramica della Polonia e uno dei più grandi d’Europa risalente all’epoca romana. Lo ha individuato una squadra di archeologi vicino al villaggio di Wrzępia, nel sud della Polonia, e risale a 1500 anni fa. Al tempo l’area era abitata probabilmente dalla tribù dei Vandali. Nell’area sono state trovate 130 fornaci, e le ricerche hanno dimostrato che funzionavano a pieno regime tra le fine del II e il V secolo d.C. Ne scrive la rivista di settore HeritageDaily.
Capitale Ue della cultura: tre città slovacche in lizza
Sono tre le città slovacche candidata a capitale europea della cultura nel 2026: Trenčín, Žilina e Nitra. Molto originale la proposta presentata da quest’ultima, che tra le altre cose prevede la costruzione di una sauna mobile che attraverserà il territorio circostante. Alla base dell’idea, il fatto che il titolo di capitale della cultura sarà condiviso con una località finlandese. In lizza ci sono Oulu, Savonlinna e Tampere. «In questo modo le persone avranno la possibilità di sperimentare la cultura della sauna, che stabilisce che al suo interno tutti sono uguali», ha spiegato l’ideatore del progetto, Marian Tesák. Ne scrive lo Slovak Spectator.
Panorama di Nitra. Foto tratta dalla pagina Facebook del Comune di Nitra.
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