Václav #51
15 - 28 aprile 2021
Con l’arrivo dei primi caldi e il diffondersi delle vaccinazioni, anche in Europa Centrale il momento più critico della terza ondata pandemica pare alle spalle. Nuova variante indiana permettendo. Mentre cominciano le riaperture, con le dovute cautele, permangono alcune tensioni sia interne che internazionali.
La Repubblica Ceca è ai ferri corti con Mosca a seguito di un drammatico evento risalente al 2014 e che potrebbe vedere il coinvolgimento dei servizi segreti russi sul proprio territorio. Il governo di Praga ha espulso numerosi diplomatici russi e quello di Bratislava ha fatto altrettanto, reinnescando tensioni diplomatiche con il Cremlino.
In Polonia e Ungheria, invece, continuano a tenere banco i tentativi dei rispettivi governi di controllare stampa e giustizia, danneggiando il pluralismo dell’informazione e l’indipendenza della magistratura. Inoltre, l’esecutivo di Varsavia conferma la propria riluttanza a una svolta energetica green, mentre quello di Budapest continua a monitorare le Ong non filogovernative.
In tutto questo, resiste la cultura. E la nostra Terza Pagina ne offre un’ampia scelta, spaziando dal cinema ex cecoslovacco, a un premio per la memoria della Shoah in Ungheria, senza dimenticare una visita alla cattedrale di Bratislava e un po’ di esplorazione urbana fra alcuni dei luoghi abbandonati più suggestivi della Polonia.
Buona lettura!
Covid: tempo di riaperture
Riportare la vita alla normalità. Almeno parzialmente. È l’obiettivo del governo in Ungheria, che dopo aver raggiunto il traguardo di 3,5 milioni di vaccinati ha riaperto negozi, servizi, bar e ristoranti, ma solo per le consumazioni all’esterno. Prevista anche la graduale ripresa della didattica in presenza negli asili e nelle scuole. La scelta, riporta Reuters, è dettata dall’urgenza di tirare fuori il Paese dalla recessione economica, anche se l’Associazione dei medici ungheresi la reputa prematura. I dati dei contagi sono comunque in continuo, lento, miglioramento. Il numero di pazienti ricoverati negli ospedali è diminuito di un terzo rispetto a fine marzo. Resta drammatica la mortalità da covid-19. Nella settimana 12-19 aprile è stata ancora una volta la più alta al mondo (171,2 decessi per milione di abitanti). Via Bloomberg.
In Slovacchia è ancora emergenza sanitaria. Eppure, il quadro va migliorando. Per questo il governo di Eduard Heger ha optato per alcune riaperture, scrive lo Slovak Spectator. In diversi distretti, da lunedì 26 aprile, si è tornati in classe in tutte le scuole. Nelle stesse ore hanno rimosso i lucchetti i ristoranti con spazi all’aperto e i centri per il fitness. La crisi ha arrecato seri problemi alle attività individuali con la scomparsa di 12mila partite Iva nel 2020, informa Buongiorno Slovacchia. Intanto, continua a tenere banco la questione del vaccino russo Sputnik V. Aveva causato il rimpasto di governo (ne abbiamo scritto qui). Non solo: le autorità slovacche avevano contestato la qualità del preparato, a loro avviso diversa da quella dei test clinici. Nessuna fiala è stata utilizzata. Nei giorni scorsi Politico e altre testate hanno riferito che la qualità del siero verrà analizzata in un laboratorio ungherese.
La curva dei contagi è in rallentamento anche in Polonia. Sabato 24 aprile il numero di nuovi positivi rilevati è sceso per la prima volta sotto i 10mila da inizio marzo. Restano alti i decessi, con 513 morti segnalati il 23 aprile. L’andamento della curva ha portato il governo a stabilire delle prime riaperture. Lunedì 26 aprile è toccato a saloni di parrucchieri ed estetisti, e sono tornati in classe i bambini dei primi tre anni delle elementari. Quanto alla campagna vaccinale, potrebbe causare disagi il ritardo nella consegna di un milione di dosi. Erano attese per fine aprile, arriveranno ai primi di maggio.
Infine la Repubblica Ceca, dove la situazione migliora, nonostante le vittime dall’inizio della pandemia abbiano appena superato quota 29mila. Negli ultimi giorni, dopo vari mesi, i nuovi contagi quotidiani sono scesi sotto quota mille. Si teme però un primo caso della temuta variante indiana. Per quanto riguarda l’uscita dal lockdown, il governo di Andrej Babiš ha presentato un piano in sei passaggi. Negozi, mercati e attività culturali riapriranno il 3 maggio. I passi successivi dipenderanno dall’eventuale conferma del calo dei contagi. E proprio da Praga comincia la nostra rassegna Paese per Paese.
Anche il premier magiaro Viktor Orbán ha voluto celebrare il ritorno delle consumazioni all’aperto nei locali di Budapest, pubblicando questa foto sul proprio profilo Facebook. Una riapertura, tuttavia, ritenuta prematura dall’Associazione dei medici ungheresi.
Repubblica Ceca
Alta tensione con Mosca Il 17 aprile il governo ceco ha espulso 18 diplomatici russi accusati di spionaggio, annunciando a stretto giro nuove revoche di credenziali, come riporta l’Ansa. In totale potrebbero essere 60 i membri della delegazione di Mosca costretti a lasciare Praga. La mossa si lega al presunto coinvolgimento di alcuni agenti russi in una serie di esplosioni avvenuta il 16 ottobre 2014 all’interno di un deposito di munizioni nella località di Vrbětice, nella quale persero la vita due cittadini cechi. La polizia ceca è sulle tracce di almeno due responsabili. Per il premier Babiš, farebbero parte della stessa unità che nel marzo 2018 cercò di eliminare l’ex spia Sergej Skripal, nel Regno Unito. La Russia non è stata a guardare, espellendo a sua volta 20 feluche ceche e accusando Praga di avere nascosto mine antiuomo in uno dei depositi interessati dalle esplosioni del 2014.
In merito a questa vicenda, ricostruita dal Post, hanno fatto scalpore le dichiarazioni rilasciate dal presidente della Repubblica, Miloš Zeman, secondo cui l’eventuale coinvolgimento di Mosca nei drammatici eventi di Vrbětice sarebbe tutto da dimostrare: più probabile la tesi dell’incidente, causato da imperizia. Esponenti dell’esecutivo e dell’opposizione hanno accusato Zeman di mettere in discussione il corretto operato delle forze di polizia e dell’intelligence. Ne scrive Radio Praga.
Bruxelles: Babiš è in conflitto di interessi Lo scandalo Agrofert, il potente gruppo agrochimico, va avanti da anni e continua a causare parecchi mal di testa al premier Andrej Babiš, il suo fondatore. È accusato di violazione sia della legge ceca sul conflitto d’interessi che della normativa europea in materia. Il 23 aprile si è conclusa una lunga indagine della Commissione europea che ha stabilito come la proprietà di Agrofert sia ancora in mano a Babiš, nonostante risulti intestata a un fiduciario. La questione può avere un impatto alle legislative di ottobre: per Babiš e il suo partito, Ano, una nuova vittoria è tutt’altro che scontata. «È scandaloso e inaccettabile che qualche funzionario di Bruxelles abbia osato interpretare la legge ceca», ha tuonato il premier, sostenendo che il responso della Commissione Ue sia stato manipolato da una presunta «mafia degli audit», schierata contro di lui. Via Euractiv.
Intanto, Agrofert allarga i propri orizzonti con la prevista costruzione di un impianto di trasformazione di semi di girasole in Ungheria. Darà lavoro a 55 persone e costerà 10 miliardi di fiorini (27,5 milioni di euro), per un quinto coperti dal governo magiaro. Sempre su Euractiv.
Il cucchiaio di Panenka Correva l’anno 1976 quando la selezione di calcio cecoslovacca si laureò per la prima e unica volta nella propria storia campione d’Europa, battendo la Germania Ovest ai rigori. Eroe di quella partita, disputata allo stadio Marakana di Belgrado, fu un calciatore relativamente poco noto. Si chiamava Antonin Panenka, giocava nei Bohemians di Praga, e fu lui a siglare il rigore decisivo per i cecoslovacchi. Lo realizzò colpendo il pallone da sotto, con un raffinato scavetto, in un gesto tecnico allora inedito e che prese il suo nome. Oggi quel modo di calciare un rigore è noto come ‘cucchiaio’, ma Panenka lo rese celebre ben prima di Francesco Totti. Gianni Galleri ricostruisce questa vicenda e il trionfo della Cecoslovacchia su East Journal.
Polonia
Il potere silura il difensore civico Adam Bodnar, difensore civico uscente, deve lasciare il suo posto e non restare in carica fino alla nomina di un sostituto. Questo il verdetto della Corte costituzionale, per molti allineata al governo. Secondo i giudici, la norma che finora gli ha permesso di mantenere il proprio incarico oltre la scadenza naturale del mandato è incostituzionale. L’ufficio di Bodnar è considerato dall’opposizione, parlamentare e civile, uno degli ultimi baluardi nei confronti delle politiche discriminatorie nei confronti della comunità Lgbt+ e dell’assalto governativo ai media indipendenti. Centinaia di persone si sono ritrovate in strada davanti al Sejm, la camera bassa del parlamento polacco, per solidarizzare con lui, racconta Giuseppe Sedia sul Manifesto.
Il giudice dissidente Tiene di nuovo banco il caso del giudice Igor Tuleya, salito all’onore delle cronache nel 2018 per avere deciso autonomamente di continuare le indagini su un caso che il ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro, aveva ordinato di archiviare. La Camera disciplinare della Corte suprema, corpo non riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Ue (la ritiene un’appendice giudiziaria del potere esecutivo) aveva sospeso Tuleya, revocandogli l’immunità. Il togato era poi stato sottoposto a procedimento, con richiesta di arresto. La stessa Camera disciplinare ha però escluso il fermo. Come riporta Maria Wilczek su Notes From Poland, è possibile che il governo tema le ripercussioni mediatiche dell’arresto di un giudice.
Esodo Lgbt+ Le recenti prese di posizione ostili del governo polacco e di alcune amministrazioni locali nei confronti della comunità Lgbt+ hanno portato sempre più esponenti di quest’ultima a lasciare il Paese. Monika Pronczuk, sul New York Times, racconta le storie di alcuni di questi esuli, fra cui lo scrittore Jacek Dehnel, da poco trasferitosi in pianta stabile a Berlino.
Non solo nazionalismo Non si può negare che la Polonia negli ultimi anni abbia fatto molto per offrire una versione di sé all’estero sotto una luce di netto conservatorismo sociale e autoritarismo politico. Limitarsi a questo nella descrizione del Paese sarebbe tuttavia un errore, come segnala Giulia Gigante in un contributo su Formiche che riassume altri volti dello scenario politico polacco, più sfaccettato di quanto la vulgata ami raccontare.
Il ritorno del carbone L’insediamento alla Casa Bianca di Joe Biden ha portato con sé un significativo cambio di passo su molti temi rispetto all’amministrazione Trump, in particolare sull’ambiente. Venerdì 16 aprile il presidente americano ha tenuto un summit internazionale sugli obiettivi ecologici mondiali, con accento sull’abbandono delle fonti fossili. Il presidente polacco Andrzej Duda, uno degli ospiti, ha ribadito che l’obiettivo polacco è quello di arrivare a ridurre all’11% l’uso di carbone entro il 2050, in netto ritardo rispetto alla tabella di marcia stabilita in sede europea. Lo riporta Politico.
Nella foto, tratta da Poland Travel, alcuni rari bisonti europei della Foresta di Białowieża.
Attacco al polmone verde d’Europa Nel 2017, il ministero dell’Ambiente di Varsavia aveva dato il suo benestare all’abbattimento di 200mila metri cubi di alberi della Foresta di Białowieża, Parco nazionale e area vergine, tra le ultime rimaste in Europa. Quell’intervento è stato successivamente bloccato dalla Corte di giustizia europea, ma i piani del governo polacco non sono cambiati. Lo dimostra la promessa di una nuova azione di disboscamento, che potrebbe partire a settembre. Ne parla Paola Di Marzo su East Journal.
Ungheria
Legge anti Ong verso il ritiro Il vicepremier Zsolt Semjén ha presentato un disegno di legge che annullerebbe la contestata norma sulla trasparenza, nota anche come “legge anti Ong”, entrata in vigore nel 2017. La misura, dichiarata discriminatoria dalla Corte di giustizia Ue che ne aveva più volte chiesto la revoca, richiede che le associazioni finanziate dall’estero rendano noti i donatori e si registrino. Il nuovo testo richiederebbe invece di pubblicare una sintesi annuale su tutte le associazioni e fondazioni il cui bilancio supera i 20 milioni di fiorini (55mila euro). Ne rimarrebbero esentate le organizzazioni sportive, quelle che rappresentano le minoranze nazionali e quelle dei gruppi religiosi. Lo scrive Deutsche Welle. Una discriminazione tra i vari tipi di associazione, sostiene Amnesty International, che considera il disegno un metodo repressivo per stigmatizzare e schiacciare le organizzazioni critiche nei confronti del governo magiaro.
Libertà di stampa in picchiata L’Ungheria è scesa al 92° posto su 180 nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere. Rispetto al 2013 ha perso 36 posizioni. A incidere sul risultato del 2021, le contestate norme approvate durante lo stato di emergenza, che hanno messo nel mirino i giornalisti accusati di diffondere bufale e di bloccare gli sforzi del governo per arginare la pandemia. Inoltre, hanno pesato la decisione di ritirare la licenza di trasmissione a Klubrádió, una delle ex poche emittenti indipendenti rimaste, e la “cattura” di Index, uno dei portali d’informazione più critici verso il governo. Ne scrive Agc News.
L’ospedale della discordia Il governo ungherese ha ordinato lo sgombero di un ospedale che fornisce cure mediche e riparo a più di mille persone ogni anno, principalmente senzatetto. Il comune di Budapest si oppone alla decisione, in quanto non è stata ancora trovata loro un’altra sistemazione. «Al momento l’unica struttura alternativa è piena», fa sapere Franciska Csortos, responsabile del nosocomio. Ospita 75 pazienti. Altre 150 persone sono alloggiate in un ostello temporaneo che gli fa capo. La storia su Associated Press.
La drastica riforma del sistema sanitario Reporting Democracy dedica un approfondimento ad alcuni cambiamenti introdotti nel sistema sanitario ungherese durante la pandemia. Due i più significativi: l’aumento dei salari per il personale medico e la messa al bando dei pagamenti in nero a dottori e infermieri effettuati dai pazienti come ringraziamento, o per ottenere un trattamento migliore. Questa pratica, radicata ormai da anni, sembra motivata dalla scarsa fiducia che i pazienti nutrono nella sanità. Per superarla, spiega l’articolo, sarebbe necessaria una maggiore trasparenza da parte delle istituzioni mediche.
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Slovacchia
Espulsi tre diplomatici russi Anche il governo di Bratislava ha espulso tre diplomatici russi dal Paese in una decisione presa per esprimere solidarietà alla Repubblica Ceca, come ha spiegato il premier Eduard Heger. La scelta del governo ceco di ritirare le credenziali diplomatiche a una larga parte dei funzionari dell’ambasciata russa di Praga non resta isolata. Il deposito di munizioni di Vrbětice nel quale si verificarono le esplosioni causate, forse, da agenti dei servizi segreti russi si trova infatti al confine con la Slovacchia. Tra Repubblica Ceca e Russia è scoppiata una crisi diplomatica, allargatasi anche alle repubbliche baltiche e, appunto, alla Slovacchia. Sul Post.
L’addio alla stampa di un discusso editore Penta, società ramificata quanto chiacchierata, esce dal comparto media. Deteneva il 34% delle quote del quotidiano Sme e dello Slovak Spectator, finestra in lingua inglese sul Paese. L’ingresso di Penta nel mercato editoriale, nel 2014, inizialmente con una quota di maggioranza in Sme, aveva fatto discutere. Molti dei redattori del giornale si erano dimessi fondando una nuova testata, Denník N. I vertici di Penta erano stati coinvolti nelle intercettazioni legate allo scandalo “Gorilla”, a ridosso delle politiche del 2012: una sorta di Wikileaks slovacca da cui erano emersi legami stretti e opachi tra élite politica e gotha finanziario. Il pacchetto di Penta in Sme e Slovak Spectator viene rilevato da Media Development Investment Fund, un fondo statunitense che investe nella stampa indipendente. Ne dà notizia lo Slovak Spectator, una delle due testate interessate dal cambio di proprietà.
Servizi e politica, scandalo a palazzo Agenzia Nova riferisce di una nuova accusa a carico di Vladimír Pčolinský, ex direttore dei servizi segreti, fermato di recente a causa di una presunta tangente ricevuta dal discusso imprenditore Zoroslav Kollár, a sua volta accusato di aver corrotto alcuni giudici. In seguito all’emergere dello scandalo, la presidente della repubblica Zuzana Čaputová, aveva revocato l’incarico a Pčolinský. Il nuovo reato formulato a suo carico è il pagamento di una somma a un agente dell’anticrimine, per insabbiare un’indagine su una multinazionale dell’edilizia. L’affaire Pčolinský sta scuotendo il palazzo. L’ex capo dei servizi segreti è vicino al partito nazionalista Sme Rodina, membro della coalizione di governo di cui fa parte, come parlamentare, proprio la moglie di Pčolinský. Il riepilogo su Reporting Democracy.
Volkswagen rallenta Nei prossimi giorni la grande fabbrica Volkswagen di Bratislava sospenderà una parte della produzione, a causa della crisi globale dei microchip. La loro carenza si lega all’aumento sensibile della domanda e agli sconvolgimenti che la crisi pandemica ha avuto nella catena produttiva. Nell’impianto si assemblano molti modelli del gruppo tedesco: Volkswagen Touareg e Up, Audi Q7 e Audi Q8, Porsche Cayenne, Škoda Citigo e Seat Mii. Qui la notizia.
Terza Pagina
San Martino: storia di una cattedrale Situata nel cuore della capitale, la cattedrale di San Martino è la principale chiesa della Slovacchia. Inizialmente sorse in cima al colle di Bratislava, dove oggi campeggia il castello. Poi fu edificata ai piedi del rilievo, e nel corso del tempo ha assunto l’attuale aspetto in stile gotico. Nella cattedrale sono stati incoronati 18 sovrani ungheresi. Questo perché l’invasione ottomana costrinse il Paese magiaro a spostare la propria capitale a Bratislava, chiamata Poszony in ungherese. La lunga vicenda della cattedrale è ripercorsa dallo Slovak Spectator.
Un premio per la memoria Il premio Mária Ember viene conferito ogni anno a chi combatte il razzismo, lotta per i diritti umani e contribuisce alla conoscenza della Shoah come parte della storia e della cultura ungherese. L’edizione 2021 è stata assegnata all’attivista Sebő Gábor, che nel 2014 ha fondato, insieme alla moglie Judit Szász, il Palcoscenico delle libertà (Szabadságszinpad), uno spazio di riflessione e memoria in piazza della Libertà a Budapest. Questo spazio fa i conti con il ruolo attivo che l’Ungheria ebbe durante l’Olocausto e si pone in contrapposizione al Memoriale delle vittime dell’occupazione tedesca, installato nel medesimo luogo, che rappresenta il Paese come una vittima piuttosto che come un collaboratore dei nazisti. Da Gariwo.
Il rabbino dei miracoli Yeshaya Steiner, meglio conosciuto come Rabbi Shayele, fu un rabbino che visse nel villaggio di Bodrogkeresztúr, nell’Ungheria orientale, a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Nel corso del tempo gli sono stati attribuiti numerosi miracoli. La sua tomba è quindi divenuta una meta di pellegrinaggio che ogni anno attrae migliaia di persone, anche dall’estero, soprattutto in prossimità dell’anniversario della sua morte, il 27 aprile. Il fenomeno viene visto con preoccupazione dalla comunità, a causa del rischio di assembramenti, un pericolo in periodo di pandemia. Lo segnala Euronews.
La nouvelle vague praghese Kafkadesk dedica il proprio periodico approfondimento a un film dell’area Visegrád occupandosi di ‘Treni strettamente sorvegliati’ (Ostře sledované vlaky), pellicola del regista Jiří Menzel, tratta da un romanzo di Bohumil Hrabal. Uscito in sala nel 1966 e premiato con l’Oscar come miglior film straniero due anni dopo, il film resta un grande classico della ‘Nová vlna’, la nouvelle vague del cinema cecoslovacco. Della storia e delle fortune di questa corrente cinematografica che espresse registi del calibro dello stesso Menzel e di Miloš Forman aveva scritto Fabio Turco in uno dei nostri primi longform.
Guida alla Polonia abbandonata Vecchie caserme, centrali nucleari mai entrate in funzione, ma anche studi di dentisti e palazzi nobiliari. I rapidi rivolgimenti sociali e politici che la Polonia ha vissuto nel Novecento hanno lasciato dietro di sé molti edifici abbandonati che, nonostante un aspetto sinistro, raccontano storie affascinanti. Notes From Poland ne ha raccolti dieci particolarmente interessanti.
La Torpedowania si trova a 300 metri da una spiaggia del porto polacco di Gdynia. Durante la Seconda guerra mondiale fu una base per siluri di sommergibili nazisti, poi venne usata dai sovietici per addestrare sommozzatori. Abbandonata da decenni, la struttura oggi resta raggiungibile via mare ed esiste un progetto per convertirla in un monastero francescano.
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E poi scriviamo i longform. Articoli molto lunghi, da leggere tutti d'un fiato, su cultura, storia, politica e società dei Paesi dell'Europa Centrale. Non inseguiamo l'attualità, cerchiamo piuttosto di promuovere un giornalismo lento e attento. Ecco l'archivio della sezione.