Václav #53

11 - 25 maggio 2021

L’edizione numero 53 di Václav si presenta ricca di notizie. Partiamo da un quadro sulla situazione Covid. Se la campagna vaccinale continua a mostrare delle differenze tra i Paesi, il comune buon andamento della curva epidemica induce i rispettivi governi a procedere senza indugi con le riaperture. C’è ottimismo in vista dell’estate. 

Tra le principali notizie spicca lo scontro tra Polonia e Repubblica Ceca sulla questione della centrale a lignite di Turów, che per Praga inquinerebbe le sue falde acquifere. La Corte di giustizia dell’Unione europea si è espressa: la miniera dovrà essere temporaneamente chiusa. In Ungheria spazio alla politica interna: il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, ha annunciato la sua candidatura alle elezioni politiche del 2022. Rilevante anche la sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato la discussa “Legge schiavitù”. In Slovacchia, la presidente Čaputová non ha ancora deciso se dare il via libera al referendum che potrebbe portare a elezioni anticipate. 

Chiudiamo infine con la nostra Terza Pagina tra musei polacchi, Eurovision e itinerari in bicicletta lungo l’ex Cortina di ferro.

 Buona lettura!


Quadro Covid

Calo dei contagi e riaperture in tutti e quattro i Paesi dell’Europa Centrale. In Polonia c’è un’ulteriore buona notizia: anche il numero dei decessi sta cominciando a calare. La media degli ultimi sette giorni è stata sotto i 300 morti giornalieri. Simbolo del nuovo scenario è stata la “liberazione” di bar e ristoranti. Dopo sette mesi e mezzo in cui hanno lavorato solo in modalità asporto e a domicilio, sono tornati a servire i propri clienti. Per ora solo all’aperto, dal 28 maggio anche al chiuso, seppure con delle limitazioni. Reuters, in occasione della riapertura, ha pubblicato un video e un dispaccio interpellando i ristoratori di Varsavia, felici per la ritrovata libertà. 

Alleggerimento delle restrizioni anche in Slovacchia. Fra il 14 e il 17 maggio via ulteriori paletti in scuole, centri commerciali, musei e impianti sportivi, mentre i ristoranti, ma solo in alcuni distretti, possono già accogliere avventori negli spazi interni, pur se con limiti sulla capienza. Lo Slovak Spectator offre un riepilogo completo delle attuali norme. 

In Repubblica Ceca le scuole e le università hanno ripreso la didattica in presenza. Pub e ristoranti hanno riaperto gli spazi all’esterno, ma con dei vincoli: gli avventori dovranno essere muniti di certificato vaccinale, test anti-Covid negativo o della prova di immunità al virus. Stesse condizioni anche per alloggiare in albergo o per usufruire delle palestre. I dettagli su Radio Praga.

In Ungheria il piano delle riaperture è strettamente collegato alla campagna vaccinale, di gran lunga la più efficace di tutta l’area Visegrád: il 30% della popolazione è stata immunizzata. Il premier Viktor Orbán ha annunciato alla radio nazionale che, raggiunto l’obiettivo simbolico dei cinque milioni di vaccinati (su poco meno di 10 milioni di cittadini), cadrà l’obbligo di indossare mascherine in strada, saranno permessi gli eventi fino a 500 persone all’aperto, e anche al chiuso, a patto di presentare il certificato vaccinale. Lo riporta Reuters. Questi dati vanno di pari passo con quelli dei nuovi contagi, in caduta libera da un mese. Ora se ne registrano circa 600 al giorno rispetto agli oltre 5000 di metà aprile. Dati da Our world in data.

Se il Paese magiaro brilla per la capacità di vaccinare velocemente i suoi cittadini, altrettanto non si può dire per le altre tre nazioni del V4. Si va più a rilento in Slovacchia, dove vengono somministrate solo 20mila dosi al giorno. Va meglio la Polonia, che si posiziona poco sotto la media europea, mentre la Repubblica Ceca occupa una posizione intermedia. 

Nel primo grafico a seguire, l’andamento della campagna vaccinale per le prime dosi, nel secondo  per il ciclo completo. 


Polonia

Praga-Varsavia-Bruxelles: scontro sulla lignite  La centrale a lignite di Turów, non lontana dal confine con Repubblica Ceca e Germania, è da tempo al centro di una controversia tra i tre Paesi. Berlino e Praga sostengono che le sue attività inquinino le falde acquifere, anche oltre confine, e ne chiedono la sospensione. Varsavia non vuole saperne, e ha prolungato le concessioni della struttura fino al 2044. La Repubblica Ceca, così, ha presentato ricorso presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, che le ha dato ragione ordinando lo stop temporaneo alla struttura. Rabbiosa la reazione del premier Mateusz Morawiecki, che l’ha definita «una decisione coloniale». L’ambiente è un tema delicato, per la Polonia. Il governo ha lanciato un vasto piano per la transizione energetica, ma il Paese continua fortemente a dipendere dal carbon fossile e dalla lignite. L’approfondimento di Associated Press

L’Ue è illegale, secondo il ministro dell’Istruzione   La vicenda della centrale di Turów ricorda ciò che è già noto: il rapporto tra Varsavia e Bruxelles resta complesso, per certi versi critico. Ambiente, giustizia, diritti Lgbt+, accesso all’aborto e altri temi sono da anni oggetto di scontro. Ad aggiungere benzina sul fuoco sono giunte le recenti dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Przemysław Czarnek, secondo il quale, riferisce Notes From Poland, nei programmi scolastici dovrà essere esplicitata la mutazione genetica dell’Ue. Nel 2004, al momento dell’adesione polacca in Europa, era un’entità pienamente legale; oggi, secondo il ministro, non lo è più. Nel corso degli anni la Commissione Ue ha continuamente criticato Varsavia, aprendo varie procedure di infrazione. L’esecutivo polacco, vicino alle posizioni sovraniste del premier ungherese Orbán, le reputa ingerenze indebite. 

Il Paese più omofobo d’Europa  Per il secondo anno consecutivo, la Polonia è il fanalino di coda dell’Ue nel Rainbow Europe Index, indice sull’omofobia stilato da Ilga-Europe, associazione impegnata nella tutela dei diritti delle minoranze sessuali. Il rapporto denuncia le scarse tutele legali e a livello di sicurezza, come di libertà di parola, che la legge offre agli esponenti della comunità Lgbt+. 

La mappa di Rainbow Europe Index sull’omofobia in Europa.

La mappa di Rainbow Europe Index sull’omofobia in Europa.

Intanto, riferisce Euractiv, in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, scoccata il 17 maggio, diverse ambasciate straniere a Varsavia, insieme ad alcune Ong, hanno inviato una lettera al governo polacco per chiedere maggiori sforzi sulla tolleranza e sui diritti. 

Il caso Protasevich  L’atto di pirateria aerea compiuto dal regime bielorusso, che ha dirottato un volo Ryanair Atene-Vilnius, facendolo atterrare a Minsk per arrestare il dissidente Roman Protasevich, non è passato inosservato in Polonia. Come riferito da Reporting Democracy, il ministro della Giustizia e Procuratore generale, Zbigniew Ziobro, ha ordinato l’apertura di un’inchiesta sul caso. Il pretesto formale: l’aereo è registrato in Polonia. La sostanza politica: Varsavia sostiene senza indugi l’opposizione bielorussa e auspica il crollo del regime di Aleksandr Lukašenko, impostosi nuovamente come presidente il 20 agosto 2020, al termine di elezioni controverse e opache. Da quel momento, migliaia di esponenti dell’opposizione sono andati in esilio. Molti di loro, proprio in Polonia. Prima dell’arresto, Roman Protasevich viveva in Lituania, ma per un periodo, in precedenza, aveva risieduto a Varsavia. Qui aveva chiesto asilo politico, ma le autorità polacche lo avevano respinto. Lo riporta il giornale investigativo Oko.Press.

Opposizione liberale: non pervenuta  Di recente, il parlamento polacco ha ratificato il Recovery Fund. Ma il rischio di bocciatura, e dunque di stallo a livello europeo, è stato alto. La fazione più euroscettica della maggioranza non ha votato il pacchetto: il governo ha rischiato di cadere. In suo soccorso, è giunta la sinistra parlamentare, che ha fornito i voti necessari per l’approvazione in cambio di impegni chiari sul sociale nella programmazione delle spese e degli investimenti delle risorse Ue. La faccenda ha messo a nudo lo stato di crisi profonda che attraversa Coalizione civica (Ko). Di orientamento liberale, Ko è la principale opposizione al governo. Puntava a coagulare intorno a sé tutti i voti dei gruppi di minoranza, per far cadere la maggioranza. Ma non è andata così. Adesso, scrive Politico, Ko si trova in difficoltà. Non è semplice spiegare ai polacchi il motivo per cui intendeva sabotare il Recovery Fund, con tutte le ingenti risorse che mette sul tavolo e i sondaggi danno il partito sotto al 20%. Con dati così, è difficile programmare una campagna elettorale vincente in vista delle politiche del 2023. Anche perché il governo ha appena lanciato un ambizioso programma di spesa sociale – con alcune pennellate di sinistra – da 16 miliardi di Euro per rilanciare l’economia. Ne parla Emerging Europe.  


Repubblica Ceca

I buoni rapporti con la Serbia… Durante una visita ufficiale del presidente serbo Aleksandar Vucič a Praga, il suo omologo Miloš Zeman si è scusato per i bombardamenti Nato del 1999 sull’allora Jugoslavia, sostenuti anche dalla Repubblica Ceca di cui al tempo era primo ministro. Zeman ha ricordato che la Jugoslavia aveva sostenuto il popolo ceco nel 1938, in occasione della conferenza di Monaco, e nel 1968, quando le truppe del Patto di Varsavia invasero la Cecoslovacchia. Le sue parole esprimono tutto il rimorso «E noi li abbiamo ringraziati con le bombe. Chiedo perdono al popolo serbo. Il senso di colpa mi ha tormentato per tutti questi anni». Vucič ha espresso grande gratitudine per il gesto di Zeman, dichiarando  che da questo momento la Serbia riterrà la Repubblica Ceca un Paese fratello. La storia su Euractiv. Nella stesso occasione il presidente serbo ha annunciato la volontà di donare 100mila dosi di vaccino Pfizer alla Repubblica Ceca, scrive Il gazzettino

…e quelli pessimi con la Russia La Russia ha formalmente dichiarato la Repubblica Ceca un Paese ostile, al pari di quanto fatto recentemente con gli Stati Uniti. Una conseguenza dell’escalation diplomatica seguita alle accuse formulate da Praga a carico dei servizi segreti russi per l’esplosione di un deposito d’armi a Vrbětice, nel 2014: persero la vita due persone. Di questa vicenda avevamo scritto negli scorsi numeri di Václav. La definizione di Paese ostile comporta che l’ambasciata ceca a Mosca potrà impiegare al suo interno al massimo 19 persone di nazionalità russa. Ne scrive Kafkadesk

Le dimissioni del procuratore di Stato  E ai fatti di Vrbětice è legata un’altra questione interna. Il procuratore supremo di Stato, Pavel Zeman, ha rassegnato le dimissioni, dopo dieci anni, per via – ha fatto sapere – delle minacce che il ministro della Giustizia, Marie Benešová, gli avrebbe rivolto proprio per aver parlato con la stampa di quella vicenda. La diretta interessata ha respinto le accuse, dichiarando di non aver mai interferito con le indagini di Zeman. Ciò non è bastato a evitare una manifestazione di protesta organizzata dal movimento “Un milione di momenti per la democrazia”. Cinquemila persone si sono riunite in piazza San Venceslao, a Praga, per chiedere le dimissioni di Benešová e l’indipendenza della magistratura. Se ne occupa Radio Praga qui e qui.

La censura del presidente L’ufficio del presidente ceco Miloš Zeman ha annunciato che non fornirà più informazioni a organi di stampa ritenuti “distorti, falsi e di parte”. Fra questi, l’emittente pubblica Česká Televize, il settimanale Respekt, il portale Seznam Zprávy e il quotidiano Deník N. La grave decisione, ritenuta discriminatoria e incostituzionale, è stata condannata con fermezza dall’International Press Institute. La notizia su Euractiv. 

Carbone fuori dalla storia  Il gruppo energetico statale Čez ha annunciato che entro il 2030 chiuderà la maggior parte delle centrali elettriche a carbone. Attualmente queste incidono per il 36% della produzione di elettricità. L’obiettivo è ridurlo al 12,5%, spingendo sulle rinnovabili - in particolare sull’energia solare - e continuando a servirsi delle centrali nucleari e degli impianti a gas. Ne scrive la Reuters


Ungheria

Karácsony scende in campo La notizia era nell’aria da molto tempo, ma da qualche giorno ormai è ufficiale: il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, ha annunciato la sua candidatura alle primarie dell’opposizione che sceglieranno il candidato unico da contrapporre a Orbán alle politiche del 2022. Dopo la vittoria alle amministrative che lo ha portato a diventare primo cittadino di Budapest, Karácsony ha conquistato visibilità nazionale. Sono in molti, ora, a scommettere sul suo carisma per guidare il campo variegato delle opposizioni a Fidesz, per sfidare lo strapotere del partito di Orbán che governa da tre legislature. Il lancio di Ansa.

Abrogata la legge schiavitù  La legge introdotta alla fine del 2018, che aveva alzato il tetto degli straordinari a 400 ore l’anno consentendone il pagamento con un ritardo anche di tre anni, è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte costituzionale ungherese. La norma, ribattezzata “legge schiavitù”, aveva portato migliaia di cittadini ungheresi in piazza. Secondo Timea Szabo, presidente del partito verde Parbeszed, che ha presentato ricorso davanti all’alta corte, si tratta di una netta sconfitta di Orbán. La notizia sull’Ansa

Di lotta e di Ue Intanto Viktor Orbán continua a guidare la politica ungherese verso l’Europa in modo ambivalente. Il governo ha infatti dichiarato ufficialmente di non voler partecipare al nuovo contratto siglato dalla Commissione con Pfizer-BioNTech per l’acquisto di 900 milioni di dosi di vaccini, con opzione per un ordine della stessa grandezza. Un portavoce dell’esecutivo ha fatto sapere che le scorte già in dotazione sono sufficienti per il Paese e che, in caso di necessità, si farà affidamento a contratti separati con Cina e Russia, confidando anche nella possibilità di produrre un vaccino nazionale entro il 2022. Se ne parla sul Post.

Ungheria fuori dal coro anche sulla politica estera europea. La dichiarazione licenziata da Bruxelles sui recenti fatti avvenuti in Israele e a Gaza sarebbe stata votata all’unanimità se non fosse stato per l’opinione contraria di Budapest. Il ministro degli Esteri, Peter Szijjártó, ha dichiarato l’insoddisfazione per risoluzioni unilaterali e poco pragmatiche. Come segnala la rivista Formiche, questo comportamento replica quello tenuto sulla risoluzione a sostegno delle proteste di Hong Kong.

Stop al Cotonou L’aggiornamento dell’accordo di cooperazione e commercio con Caraibi, Africa e Pacifico (Cotonou), al vaglio dei governi dell’Unione dopo le negoziazioni dello scorso dicembre, potrebbe essere bloccato proprio dall’Ungheria. Szijjártó si è mostrato irritato per il fatto che tutti i punti posti dal governo magiaro sono stati ignorati. Ha così annunciato la contrarietà alla firma del nuovo testo, asserendo che questo favorirebbe la circolazione di cittadini extracomunitari sul territorio Ue. «Non si sente il bisogno di nuove ondate migratorie, specialmente in questo momento», ha riferito. Da Reuters.


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Slovacchia

Referendum in sospeso La presidente della Repubblica, Zuzana Čaputová, non ha ancora deciso se accogliere la richiesta di referendum per andare a elezioni anticipate presentatele all'inizio del mese e che potrebbe risultare anticostituzionale. Ne avevamo parlato nella precedente edizione del Václav. Nonostante le oltre 600mila firme raccolte a supporto di questa ipotetica tornata referendaria, gli slovacchi mostrano tradizionalmente un rapporto di scarsa partecipazione con i referendum. Nei 29 anni d'indipendenza successivi alla Separazione di velluto con la Repubblica Ceca, nel Paese ne sono stati organizzati appena otto e soltanto uno di essi, raggiunse il quorum. Vari elementi lasciano supporre che - qualora Čaputová accogliesse la richiesta di referendum - anche in questo caso sarebbe difficile convincere molti slovacchi ad esprimere un proprio parere sulle eventuali elezioni anticipate. Se ne occupa Edward Szekeres per Reporting Democracy.

I caporali smascherati Un gruppo organizzato di 'caporali' che operava da tre anni nella Slovacchia occidentale per fornire manodopera in nero all'industria manifatturiera e alimentare locale. I lavoratori venivano reclutati soprattutto in Ucraina e in Serbia e fatti entrare in Slovacchia da intermediari che li dotavano di documentazione insufficiente a svolgervi un lavoro dipendente permanente e permessi di soggiorno temporanei. Alla scadenza di questi ultimi, veniva simulato l'addio professionale all'azienda e al Paese, ma i lavoratori venivano assunti - in nero - altrove. Si stima che almeno duemila cittadini stranieri extra Ue siano stati procurati in questo modo a datori di lavoro slovacchi. Il gruppo si occupava del loro trasporto, di fornire i presunti documenti necessari e di distribuire i magri salari ai dipendenti irregolari. Al termine dell'operazione 'Orso', condotta dall’Unità nazionale per la lotta alla migrazione illegale, quattro donne e quattro uomini - sono stati incriminati con l'accusa di tratta di esseri umani e organizzazione di lavoro illegale. Rischiano pene fino a otto anni di reclusione. La notizia su Buongiorno Slovacchia.

150mila residenti stranieri  E proprio i cittadini ucraini e serbi sono le nazionalità con il maggior numero di residenti regolari in Slovacchia, secondo le statistiche del locale Dipartimento di polizia per stranieri da poco pubblicate. Al 31 dicembre 2020 nel Paese vivevano 150mila stranieri, fra i quali si contavano 42mila ucraini (+10% rispetto al 2019) e 16mila serbi, mentre la storica comunità vietnamita conta settemila presenze, con una crescita del 22% se paragonata ai numeri dell'anno precedente. Numeri che, pur escludendo gli stranieri non ufficialmente residenti, dimostrano come ucraini e serbi siano ricercati e attratti dall'industria slovacca. Gli italiani, invece, sono circa 3100 e rappresentano il sesto gruppo più numeroso fra i cittadini provenienti da altri Paesi dell'Unione europea. Sempre via Buongiorno Slovacchia.


Terza Pagina

I migliori musei polacchi Il 18 maggio si è celebrata la giornata internazionale dei musei. Culture.pl, portale sulla cultura polacca, ha pubblicato un lungo pezzo sui più importanti musei del Paese. A Varsavia, ci sono il Polin, grande e moderno spazio in cui si ripercorre la storia degli ebrei polacchi, situato nel cuore del vecchio distretto ebraico, così come il Museo dell’insurrezione di Varsavia del 1944. A Cracovia, il Castello reale del Wavel. E non lontano, il Memoriale di Stato di Auschwitz-Birkenau, laboratorio di morte della Germania hitleriana in terra polacca. Non mancano le strutture meno note, ma comunque validissime. Una è il Museo Sztuki a Łódź, dedicato alle avanguardie artistiche. E poi musei del pane, delle acque minerali, del mare. Fino al più antico di tutti: il Tempio della Sibilla a Puławy, la cui forma ricorda quella del tempio di Vesta di Tivoli. Fu fondato nel 1801, quando la Polonia non esisteva. Austria, Prussia e Russia l’avevano smembrata.

Anny vince al docufestival di Monaco È un film ceco a trionfare al Dok.fest Munich, il festival dei documentari di Monaco di Baviera. Si tratta di Anny, della regista Helena Třeštíková. Il film prende il nome dalla protagonista, una donna che lavora come addetta ai servizi pubblici, che all’età di 46 anni decide di iniziare a lavorare come sex worker per integrare i magri guadagni. La telecamera segue le sue vicende attraverso 16 anni di vita. La storia su Cineuropa

Ungheria all’Eurovision Interessante panoramica storica sulla partecipazione dell’Ungheria al festival Eurovision a firma di Lorenzo Venuti su East Journal. Tra anni di gloria, ritiri, partecipazioni simboliche e proteste, Eurovision offre davvero una prospettiva inaspettata e interessante per leggere la storia politica e sociale ungherese degli ultimi anni.

In bici lungo l'ex Cortina di ferro Pedalare lungo l'ex Cortina di ferro imbattendosi in resti di fortificazioni, torrette e filo spinato in uno scenario naturale di grande bellezza. È quanto consente di fare, in completa sicurezza, la 'Iron Curtain Trail', percorso ciclistico attrezzato che inizia nel paesino austriaco di Gmünd in Waldviertel per arrivare sino a Bratislava, passando attraverso Repubblica Ceca e Slovacchia. I suoi 400 chilometri fanno parte dell'assai più lungo tracciato Eurovelo 13, che unisce la Grecia alla Norvegia. Una valida alternativa per una vacanza in bicicletta alla altrettanto suggestiva ciclovia del Danubio che da Vienna raggiunge Budapest, passando proprio per Bratislava. Jo Harper la racconta su Emerging Europe.

Il castello rinato dalle proprie ceneri Chi arriva in bicicletta a Bratislava lungo la Iron Curtain Trail o la Ciclovia del Danubio, viene accolto dalla mole squadrata del castello cittadino in cima a una collina che domina la capitale. Lo Slovak Spectator ricostruisce la storia di questo inconfondibile monumento nazionale il cui profilo lo fa assomigliare a un tavolo rovesciato con le sue quattro torrette angolari. Sorge sulla sua collina affacciata sul Danubio sin dal IX secolo, ma è stato ricostruito e rimaneggiato in molte occasioni. A seguito delle guerre napoleoniche, venne convertito in casema e semidistrutto da un incendio nel 1811. Rimase in rovina per quasi un secolo e mezzo e a lungo si discusse se demolirlo completamente. Alla fine si decise di ricostruirlo, una complessa operazione completata solo nel 1968, nell'allora Cecoslovacchia socialista. Da allora il Castello di Bratislava ha riacquistato il proprio prestigio e ospitato vari eventi internazionali compresi alcuni vertici del gruppo Visegrád. Oggi è difficile immaginare Bratislava senza di esso.

Il Castello di Bratislava.

Il Castello di Bratislava.


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