Václav #36


16 - 31 luglio 2020

Il numero 36 di Václav si apre con i due temi chiave di queste ultime settimane. Partiamo con l’erosione della libertà di stampa, e dunque con le dimissioni di massa dei redattori del portale ungherese Index.hu. La questione è attuale anche in Polonia, per via dell’antipatia manifesta del governo verso i media controllati da capitali stranieri. Il secondo focus è sul Recovery fund, con le sue implicazioni su economia e politica dei quattro Paesi del gruppo Visegrád.

A seguire, come sempre, una carrellata dei lanci più interessanti della stampa italiana e internazionale sull’Europa Centrale. Politica ed economia, ma anche curiosità, anniversari e scenari di viaggio per questa strana estate 2020. Nel mese di agosto – nota di servizio – usciremo con un solo numero, anziché due. Per cui ci vediamo fra circa trenta giorni con la prossima edizione. Buona lettura!



Focus 1 | Stampa e regime



Ungheria: il caso Index
Negli ultimi dieci anni, il governo di Viktor Orbán ha trasformato la radio-tv pubblica in un organo di propaganda. Ha inoltre assunto il controllo, attraverso oligarchi a esso fedeli, di un vasto numero di testate private: quotidiani, radio e televisioni, siti e portali di informazione. Da ultimo anche Index.hu, un sito considerato l’ultimo grande baluardo della stampa indipendente, ha ceduto. Anche sui giornali italiani è stato dato ampio spazio alla vicenda. Tra i tanti articoli, segnaliamo quello di Francesca De Benedetti per la newsletter di Domani, il giornale di orientamento liberal-democratico che sarà in edicola da settembre. «Per diciotto anni non ho avuto altri piani se non scrivere, scrivere in modo libero e indipendente. Poi le cose sono cambiate. E se ci penso, mi piange il cuore», ha rivelato a Domani la vicedirettrice dimissionaria di Index, Veronica Munk.

Index vanta un milione di contatti unici al giorno (in un paese di dieci milioni di abitanti) e da solo, in tutta la galassia dell’informazione in rete, vale il 50% delle pagine viste. Il suo passaggio nell’orbita filo-governativa è considerato come il colpo finale al principio della stampa indipendente in Ungheria.

Il potere, con Index, ha portato avanti la solita “tattica del salame”. Dapprima un oligarca, Miklos Vaszily, ha assunto il controllo della concessionaria pubblicitaria. Questo ha consentito di esercitare forti pressioni sulla proprietà. Szabolcs Dull, il direttore di Index, aveva denunciato la cosa. È stato licenziato. La redazione ne ha chiesto il reintegro, ma invano. Il 14 luglio sono scattate per protesta le dimissioni di circa 80 giornalisti, larga parte del corpo redazionale. Una morte onorevole: così, su Vsquare, il giornalista Szabolcs Panyi, ex Index, ha definito le dimissioni di massa, seguite da proteste di piazza da parte dei cittadini. “Non essendoci alternative, era l’unico modo, per i giornalisti, di non compromettersi e corrompersi”, ha scritto Panyi, ricordando, con la forza dei numeri, il ruolo che Index si era ritagliato nel mondo dell’informazione. Index vanta un milione di contatti unici al giorno (in un paese di dieci milioni di abitanti) e da solo, in tutta la galassia dell’informazione in rete, vale il 50% delle pagine viste. I redattori dimessisi, intanto, hanno aperto una pagina Facebook.  

È possibile, adesso, che Index entri a far parte della Fondazione centro-europea della stampa e dei media (Kesma), il grande consorzio di testate filo-governative – ce ne sono circa 500 – voluto da Orbán. Di Kesma avevamo parlato lo scorso anno, in modo ampio e articolato, con un longform di Lorenzo Berardi.

La prima pagina di Gazeta Wyborcza del 27 luglio.

La prima pagina di Gazeta Wyborcza del 27 luglio.

Padroni polacchi per i media polacchi?
In Polonia, la stampa indipendente ha seguito con preoccupazione la vicenda di Index. Il quotidiano liberale Gazeta Wyborcza le ha dedicato la prima pagina del 27 luglio, con un editoriale in polacco e ungherese. Un segno tangibile di solidarietà con i colleghi magiari, ma anche una risposta indiretta al possibile giro di vite che il governo di Varsavia mediterebbe sulla stampa indipendente. Dopo la sofferta vittoria di Andrzej Duda alle presidenziali, non ci saranno significativi appuntamenti elettorali fino alle politiche del 2023. In questo periodo, Diritto e Giustizia (PiS), il partito al potere, vorrebbe rispolverare uno dei suoi cavalli di battaglia: la “ripolonizzazione dei media”.

L'obiettivo, dichiarato dal leader del partito Jarosław Kaczyński in una recente intervista radiofonica, è quello di approvare al più presto una legge che limiti la presenza straniera nei media del Paese. Il panorama mediatico polacco è oggi caratterizzato da una radiotelevisione pubblica fortemente filogovernativa, ma anche dalla presenza di testate indipendenti, più vicine all’opposizione. Alcune sono in mano a gruppi stranieri, soprattutto svizzero-tedeschi e statunitensi. Da tempo PiS sostiene che media come il network televisivo Tvn (di proprietà di Discovery Channel) o la rete di Onet.pl di proprietà del consorzio svizzero-tedesco Springer-Ringier, siano nemici della Polonia. Il punto di Reuters.


Focus 2 | Recovery fund


Le lunghe trattative che hanno impegnato il Consiglio Europeo sul Recovery fund si sono concluse il 21 luglio scorso, con risultati molto interessanti per i Paesi dell’Europa centro-orientale. La Polonia sarà il maggiore beneficiario del fondo di tutta l’area, con 60 miliardi di Euro che arriveranno nelle casse di Varsavia. Dopo giorni di scarsa chiarezza in merito, è stato reso noto che l’erogazione dei fondi non è né sarà subordinata al rispetto dello stato di diritto del Paese. Secondo l’analisi di Emerging Europe, questa è una vittoria di PiS e del premier Mateusz Morawiecki. Tuttavia, Bruxelles monitorerà da vicino la tenuta democratica di Varsavia (e non solo) nei prossimi mesi, come osserva Reuters.

Fonte | think.ing.com

Canta vittoria anche l’Ungheria, che dalla ripartizione otterrà 18,8 miliardi. Nella narrazione di Orbán, i fondi europei ottenuti sono una compensazione per i profitti che le compagnie straniere hanno potuto realizzare dopo la caduta del comunismo: l’apertura del mercato ha portato risorse, ma ha anche penalizzato il capitale autoctono. Lo si apprende da Hungary Matters, il servizio quotidiano di informazioni in inglese elaborato dall’agenzia di stampa Mti e da Mtva, l’emittente pubblica ungherese.

Bratislava è la prima beneficiaria, nello spazio centro-europeo, del piano di rilancio. Il che è naturale, per certi versi: il Pil slovacco è destinato a crollare di circa dieci punti, la peggior performance tra i V4. Il governo vorrebbe utilizzare i sussidi provenienti dal Recovery fund per svincolare il Paese dalla dipendenza, fortissima, dal settore dell’auto.

Più che soddisfatta anche la Slovacchia, che riceverà 14,3 miliardi di Euro, somma pari al 16% del Pil. Bratislava è la prima beneficiaria, nello spazio centro-europeo, del piano di rilancio. Il che è naturale, per certi versi: il Pil slovacco è destinato a crollare di circa dieci punti, la peggior performance tra i V4. La crisi ha poi svelato la dipendenza fortissima dell’economia dall’industria automobilistica. Il governo slovacco vorrebbe utilizzare i sussidi provenienti dal Recovery fund per investire in altri settori, dando una nuova prospettiva al modello economico del Paese. Reporting Democracy analizza questa nuova sfida partendo da un presupposto critico: la Slovacchia è uno dei peggiori utilizzatori di fondi pubblici dell’Unione europea.

Bratislava, nei prossimi anni, potrà inoltre contare su 18,6 miliardi di Euro per il bilancio Ue 2021-2027 (non ancora formalmente fissato), come su otto miliardi ancora non spesi dell’attuale periodo di programmazione. Ne scrivono Buongiorno Slovacchia e Slovak Spectator.

Dopo le dichiarazioni minacciose dei primi giorni di trattativa, sono molto concilianti anche i toni del premier ceco Andrej Babiš, che si è detto molto contento del risultato ottenuto per il suo Paese, che dovrebbe perdere sette punti di Pil quest’anno. Lo riferisce l’Ansa. Come riporta l’agenzia stampa ceca Čtk, rilanciata da Expats.cz, Babiš ha affermato che nel piano di riforme da presentare all’Ue voci importanti saranno quelle della sanità pubblica e della digitalizzazione.

Le crisi distruggono, e al tempo stesso creano. Per l’Europa Centrale si intravedono molte difficoltà, ma anche possibilità nuove. La fase post-pandemia può essere il momento giusto per rivoluzionare i sistemi economici della regione, secondo Raphael Stanzel, attaché economico all’ambasciata francese a Varsavia nel 2018-2020. Su Visegrad Insight ha suggerito ai Paesi dell’Europa Centrale di disancorarsi dal ruolo produttivo avuto sinora, di retroterra della grande industria europeo-occidentale.



Ungheria

Sziget festival, edizione 2018. Fonte | szigetfestival.com

Sziget festival, edizione 2018. Fonte | szigetfestival.com

Cultura al tappeto
Il 30 luglio, il governo ha confermato fino al 15 agosto i limiti agli assembramenti: 500 persone, sia negli spazi aperti che in quelli chiusi. Queste restrizioni, giudicate necessaria alla luce della crescita preoccupante dei contagi nelle vicine Serbia e Romania, hanno letteralmente messo in ginocchio il settore dei festival estivi. È saltato lo Sziget di Budapest, il più famoso del paese; il più grande festival all’aperto dell’Europa Centrale. I numeri: mezzo milione di visitatori ogni anno; budget da 30 milioni di Euro. Tanti altri festival, minori, non si terranno. Altri hanno invece spostato gli eventi a settembre, e non hanno comunque certezze. Lo scenario è durissimo per organizzatori culturali e musicisti, che vedono andare gli affari in fumo. Il governo, in tutto questo, non ha messo in campo progetti di sostanza per sostenere le categorie colpite. Un articolo di Business New Europe Intellinews.  

Potenziare l’esercito
Il governo ungherese sta potenziando le forze armate. Al momento, gli effettivi sono diecimila. C’è l’intenzione di arrivare a quota 50mila nel 2026. Le reclute verranno selezionate dalle dieci accademie militari che il governo ha intenzione di aprire da qui ai prossimi dieci anni. L’ammodernamento e il potenziamento delle forze armate è ritenuto necessario anche dalle opposizioni, le quali però contestano l’opacità di fondo dei programmi governativi, riferisce Reporting Democracy.

Una foresta climatica a Budapest   
Agricoltura o foresteria per sequestrare carbonio dal suolo e, dunque, contribuire a ridurre l’impatto del surriscaldamento globale. La Co2, in questo modo, si trasforma da gas serra a fertilizzante. È la tecnica del cosiddetto carbon farming. Alle porte di Budapest, seguendola, è sorta sei anni fa la prima foresta climatica d’Europa. Il servizio di Euronews.




Slovacchia

Accuse di plagio per il premier
Il premier Igor Matovič ha superato indenne la mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata dall’opposizione, dopo che un giornale aveva rivelato gli ampi plagi presenti nella sua tesi di laurea. Matovič ha dichiarato che non era consapevole del fatto che stesse commettendo un illecito, ammettendo al tempo stesso di non aver dedicato molta attenzione agli studi, in quanto all’epoca era già impegnato nella sua attività imprenditoriale (ha fondato una catena di testate locali di taglio popolare). Qualche settimana fa anche il presidente del parlamento Boris Kollár, e il ministro dell’Istruzione Branislav Gröhling erano stati accusati di plagio. La storia su Al Jazeera.

Si indaga sulla morte dell’imprenditore Loris Colusso, editore di Buongiorno Slovacchia. Il suo corpo è stato ritrovato nel Danubio. La redazione di Buongiorno Slovacchia respinge collegamenti tra la sua scomparsa e la cronaca nera locale.

La morte di Loris Colusso
Sono ancora in fase di accertamento le cause della morte di Loris Colusso, imprenditore italiano da molti anni residente in Slovacchia, attivo nel ramo della consulenza aziendale. Colusso era anche l’editore del magazine online Buongiorno Slovacchia. Il suo corpo è stato ritrovato il 21 luglio nelle acque del Danubio, alcuni giorni dopo la segnalazione della sua scomparsa. Su di lui non sono stati riscontrati segni di ferite, ma sarà l’autopsia a stabilire le cause della morte. Come riportato dal Tgr Rai Veneto, nei giorni precedenti alla sua morte Colusso avrebbe espresso un certo timore per la propria incolumità, riferendo ad amici e familiari di sentirsi braccato, pur se al momento non sono chiari i motivi delle sue possibili preoccupazioni. La redazione di Buongiorno Slovacchia ha pubblicato un comunicato molto netto che respinge ogni collegamento tra la morte dell’imprenditore e fatti della cronaca nera locale.

Le storie dei Giusti
Dagmar Mozolová è una giornalista slovacca che ha deciso di dedicare gran parte della sua vita e del suo lavoro a raccogliere le testimonianze dei Giusti slovacchi che durante la seconda guerra mondiale salvarono gli ebrei dall’Olocausto. Mozolová ha documentato finora le storie di 138 di loro. Sul Jerusalem Post spiega dov’è nata l’esigenza di dare vita a questo progetto.




Polonia

Via dalla Convenzione di Istanbul
La Polonia vuole abbandonare la Convenzione di Istanbul, il testo approvato dal Consiglio d'Europa nel maggio del 2011. Definisce la violenza contro le donne una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. A oggi è stato firmato da 46 Paesi, 34 dei quali lo hanno ratificato. La Polonia lo aveva fatto nel 2015. Il 27 luglio, tuttavia, il ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro ha presentato domanda al dicastero della Famiglia di Varsavia per avviare l'iter di ritiro dall'accordo. 

Ziobro, che nel 2014 la definì «una fantasia e un’invenzione femminista volta a giustificare l’ideologia gay», ritiene che la Convenzione violi i diritti dei genitori chiedendo alla scuola di insegnare ai bambini che la sessualità è una scelta personale. Si tratta della nuova puntata di una crociata contro quella che il partito di governo PiS chiama “ideologia gender”. 

Manifestazioni di protesta si sono tenute sabato 24 e domenica 25 luglio in ventuno città polacche.  Il governo è stato accusato di voler legalizzare la violenza domestica. «Se la Polonia lasciasse la Convenzione di Istanbul compirebbe un grosso passo indietro nella protezione dei diritti delle donne contro la violenza in Europa», ha dichiarato Marija Pejčinović Burić, segretaria generale del Consiglio d’Europa. Gli articoli del Post e di Notes from Poland.

Niente fondi Ue alle 'zone senza Lgbt+'
La Commissione europea ha deciso di non concedere fondi, per un programma di gemellaggi tra città europee, a sei comuni polacchi. Motivo del rifiuto? Nei mesi scorsi i sei centri abitati si erano dichiarati “zone libere da Lgbt+”. «I valori dell'Unione europea e i diritti umani fondamentali devono essere rispettati dagli Stati membri e dalle loro autorità, ecco perché abbiamo respinto queste sei richieste», ha spiegato Helena Dalli, Commissario europeo per l'uguaglianza. I fondi negati alle città anti Lgbt+, che ne avevano fatto formalmente richiesta, vanno dai 5mila ai 25mila Euro. In tutto, 127 città hanno ottenuto queste risorse. Tra queste, otto sono polacche. La notizia su Euractiv.

Un calcio all'odio
Suzi Andreis è italiana, vive a Varsavia e ama giocare a calcio. Lo fa in una squadra femminile dai colori sociali giallo-neri, il Chrząszczyki Football Club. Il nome del team è difficile da pronunciare, ma la sua missione è importante: dal 1999 disputa un campionato parallelo, difendendo i diritti delle persone Lgbt+. Kafkadesk ha intervistato la calciatrice e attivista italiana chiedendole, fra le altre cose, come sia cambiata la situazione per la comunità Lgbt+ in Polonia negli ultimi 20 anni e quali siano le differenze rispetto all'Italia.   

Una bandiera arcobaleno issata accanto alla statua di Cristo che campeggia davanti alla chiesa del cuore di Gesù, nel centro di Varsavia. Nei giorni scorsi, per protestare contro l’omofobia del governo, gli attivisti Lgbt hanno fatto sventolare il l…

Una bandiera arcobaleno issata accanto alla statua di Cristo che campeggia davanti alla chiesa del cuore di Gesù, nel centro di Varsavia. Nei giorni scorsi, per protestare contro l’omofobia del governo, gli attivisti Lgbt hanno fatto sventolare il loro drappo davanti a vari monumenti della capitale polacca. Il governo ha criticato l’iniziativa.

Coronavirus: contagi record 
Crescono in maniera preoccupante i casi di Covid-19 nel Paese. Venerdì 31 luglio si è registrato il record giornaliero di contagi - 658 in tutto - dall'inizio della pandemia. Secondo la stampa polacca il virus starebbe proliferando anche a seguito dei molti, e molto affollati, matrimoni che si stanno celebrando in queste settimane. Il governo sta studiando misure per arrestare il diffondersi dell’epidemia, ipotizzando un periodo di quarantena per chi arriva in Polonia da alcuni Paesi europei, non ancora precisati. Il punto di Reuters. Nel frattempo, scrive Notes from Poland, c'è timore che la riapertura delle scuole, prevista tra poche settimane, possa portare a un nuovo impennarsi dei contagi.

Il 31 luglio si è registrato il record giornaliero di contagi - 658 in tutto - dall’inizio della pandemia. Secondo la stampa polacca il virus starebbe proliferando anche a seguito dei molti, e molto affollati, matrimoni che si stanno celebrando in queste settimane. La Slesia, nel sud, rimane una delle regioni più colpite dal coronavirus.

Amico carbone?
Fra le principali aree di diffusione del virus restano le ragioni carbonifere della Slesia, nel sud del Paese. E proprio a proposito di carbone, il governo in carica continua a non volerlo abbandonare, tentennando sulla transizione verso fonti rinnovabili. E questo nonostante il 2020 sia stato un annus horribilis per il comparto. L’analisi di Claudia Ciobanu su Reporting Democracy

L’Insurrezione di Varsavia sui podcast...
Culture.pl ha realizzato una serie di dieci brevi podcast sui luoghi salienti dell’Insurrezione di Varsavia. Una passeggiata audio, se vogliamo, in aree della città che non esistono più. Per 63 giorni, dal 1° agosto al 2 ottobre del 1944, gli insorti della capitale combatterono gli invasori nazisti quartiere per quartiere e strada per strada. Una lotta impari e che si concluse con la vittoria dei tedeschi, la distruzione quasi completa della capitale e almeno 150mila vittime civili. Varsavia venne poi 'liberata' dai sovietici solo nel gennaio del 1945, quando ormai i nazisti se ne erano andati. 

...e nelle fotografie fra ieri e oggi
'Teraz '44' (Adesso '44) è invece un libro fotografico molto particolare realizzato da Michał Wójcik e Marcin Dziedzic. Sovrappone elementi di fotografie scattate durante i combattimenti dell’Insurrezione di Varsavia a immagini di quegli stessi luoghi come appaiono oggi, creando un effetto collage molto efficace. Un'ampia galleria fotografica su questo progetto si trova sul Warsaw Insider.


Repubblica Ceca

Nuove misure anti-Covid
L’aumento dei casi di Covid-19 registrati in Repubblica Ceca ha portato il governo a imporre nuove restrizioni e obblighi per la cittadinanza. Dimezzato il numero di persone ammesse agli eventi al chiuso, da 1000 a 500, e obbligo di mascherine per gli eventi con oltre 100 partecipanti. Nessuna novità invece per le limitazioni al trasporto pubblico. Rimane l’obbligo di mascherina sulla metro di Praga, mentre sarà possibile non indossarla sui tram. Il ministro della Salute, Adam Wojtech, ha dichiarato che la decisione è stata inevitabile e che altre potrebbero essere prese in futuro, ma non è previsto un nuovo lockdown. Lo riporta Kafkadesk.

L’altra Praga
In attesa che magari arrivi anche in Italia la guida di Praga dello scrittore e reporter polacco esperto di Repubblica Ceca Mariusz Szczygieł, un invito a una Praga alternativa arriva da Micol Passariello sulle colonne di Repubblica. Il focus è tutto sul lungofiume della Moldava, oggetto di uno sviluppo architettonico che lo regalerà ai turisti pronto a rivaleggiare con i punti più classici e conosciuti dell’architettura della capitale ceca.

Crisi della birra
L’industria della birra, antica e storicamente anelastica rispetto alle crisi, sembra accusare quanto il resto dell’economia il calo dei consumi dovuto al lockdown. Secondo i dati dell’associazione dei produttori, tra marzo e maggio le vendite sono scese del 55% con 179 milioni di Euro di mancati guadagni e 72,8 milioni di litri invenduti. Se ne parla su Euronews.

La birreria Plzeňský Prazdroj a Plzeň, Repubblica Ceca: “il tempio” della pils. Fonte | pilsnerurquell.com

La birreria Plzeňský Prazdroj a Plzeň, Repubblica Ceca: “il tempio” della pils. Fonte | pilsnerurquell.com




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