Václav #35
26 giugno - 15 luglio 2020
Apriamo questa edizione numero 35 del Václav con due focus. Il primo è un’analisi ragionata in più punti sull’esito del ballottaggio delle presidenziali polacche. Un voto risoltosi per una manciata di preferenze. A distanza di alcuni giorni dal responso delle urne, vi forniamo elementi chiave emersi da queste presidenziali e un approfondimento sui possibili futuri rapporti fra Polonia e Unione europea. Il secondo focus fa il punto sulla situazione legata al coronavirus nei Paesi Visegrád con l’arrivo dell’estate e la riapertura delle frontiere.
A seguire, le notizie raggruppate per Paese. Apriamo con l’Ungheria e finiamo con la Polonia, per chiudere un cerchio ideale. Fra aggiornamenti economici e legislativi dall’Europa Centrale, oltre ai rischi per la stampa indipendente ungherese vi parliamo di musica slovacca, festival cinematografici cechi, inediti di letteratura polacca e nuove stelle del calcio danubiano. Buona lettura!
Focus 1 | Duda batte Trzaskowski
Il risultato del ballottaggio delle elezioni presidenziali ha consegnato al presidente uscente Andrzej Duda un secondo mandato. Duda ha ottenuto il 51% delle preferenze, contro il 49% del suo avversario Rafał Trzaskowski, sindaco di Varsavia ed esponente della coalizione liberale. Si è trattato di un voto dall’esito incerto, caratterizzato da un’affluenza al 68,2% molto alta per gli standard polacchi e risoltosi con uno scarto di poco più di 400mila voti.
Il successo di Duda è un’ottima notizia per Jarosław Kacyzński. Il suo partito, Diritto e Giustizia (PiS), può continuare senza intoppi la sua rivoluzione conservatrice, che in cinque anni ha portato il governo a intervenire, non senza polemiche, in campi quali giustizia, banche e radio-televisione pubblica. Eppure si è trattato di una vittoria risicata, molto più sofferta di quanto non ci si aspettasse fino a due mesi fa. Ciò nonostante, secondo lo storico e politologo Rafał Matyja, intervistato da Gazeta Wyborcza, il risultato potrebbe indurre Kaczyński a forzare la mano, togliendo autonomia alle amministrazioni locali e cercando di portare sotto il controllo governativo alcuni media privati in mano ora a capitali stranieri (soprattutto svizzeri, tedeschi e statunitensi).
Le gradazioni accese di blu rappresentano il margine massimo di voti per Duda, quelle di rosso per Trzaskowski.
L’analisi del voto
Ha vinto ancora una volta il modello portato avanti da Diritto e Giustizia, caratterizzato da una carica ideologica populista-sovranista e da forti interventi nel sociale. Uno dei pilastri su cui si basa la politica di Diritto e Giustizia è stata l’introduzione del 500+, un assegno famigliare del valore di circa 110 Euro che viene erogato mensilmente per ogni figlio di coppie sposate fino al compimento dei 18 anni. Un provvedimento che stimola i consumi interni e va ad aiutare le famiglie tradizionali.
Pur sconfitto, il fronte liberale si scopre improvvisamente rivitalizzato. Trzaskowski è stato capace di mobilitare molti più voti di quanti ci si aspettasse. Basti pensare che il suo risultato, oltre i dieci miloni di schede, gli avrebbe permesso di vincere qualsiasi elezione dal 1995 in poi. Ora la domanda è se il sindaco di Varsavia accetterà di indossare i panni del leader del suo partito, Piattaforma Civica. La risposta non è scontata. Da una parte Trzaskowski non è unanimemente apprezzato all’interno dello schieramento, dall’altra le prossime elezioni sono lontane. Le amministrative si terranno nel 2022, le parlamentari nel 2023.
Un Paese a metà
I toni della campagna elettorale sono stati molto aspri, esacerbati dagli attacchi quotidiani della tv pubblica nei confronti di Trzaksowski e portati all’estremo da alcune dichiarazioni dello stesso Duda. In particolare rimarrà famosa la sua esternazione secondo cui le persone Lgbt+ sarebbero portatrici di un’ideologia peggiore del comunismo. Dopo la vittoria, Duda ha cercato di gettare acqua sul fuoco, scusandosi con chi si è sentito offeso delle sue frasi. Lo riporta il Washington Post.
La spaccatura politica polacca è rivelata anche dalla distribuzione del voto. Le città e l’ovest del Paese hanno votato per Trzaskowski, le aree rurali, specialmente a est, hanno assegnato la fiducia a Duda. Paese diviso anche stando al voto per fasce d’età. I giovani hanno scelto Trzaskowski, gli over 50 Duda. Ne scrive lo European Council on Foreign Relations.
Un grafico di Tvp Info che illustra come Trzaskowski abbia ottenuto la maggior parte dei voti under 50 con preferenze schiaccianti fra i giovani con meno di 30 anni.
Giustizia e fondi europei
Se Trzaskowski fosse divenuto il nuovo presidente, non avrebbe esitato a porre il veto, non ribaltabile dal parlamento, davanti a ogni nuova riforma finalizzata a scardinare ulteriormente l’autonomia della magistratura, già messa a repentaglio da una serie di misure prese negli ultimi cinque anni (più avanti vedremo quali). In un pezzo per Linkiesta, il nostro Fabio Turco anticipa la possibilità che il parlamento approvi una legge limitante l’autonomia dei tribunali locali. Alla presidenza però resta Duda. Nel corso del primo mandato ha appoggiato le riforme del governo sulla giustizia, nel secondo difficilmente cambierà approccio. E il conflitto tra Bruxelles e Varsavia potrebbe ripartire.
Il confronto tra la Commissione Ue e il governo non si è mai chiuso, a dire il vero. Le procedure d’infrazione che la prima ha aperto nei confronti del secondo, reo di falsare l’equilibrio tra poteri, sono cadute nel vuoto. L’esecutivo comunitario sta cercando altre vie per fermare la Polonia di Kaczyński, Duda e Morawiecki. Una è vincolare il trasferimento di fondi europei – Recovery Fund come fondi strutturali – al rispetto dello stato di diritto. «Dovrebbe essere la condizione per la distribuzione di denaro Ue», ha proposto di recente Věra Jourová, vice presidente della Commissione. Lo riferisce Euractiv, spiegando che per fermare una tale decisione servirebbe una maggioranza qualificata, e non il veto di un singolo Paese Ue. Ma sulla proposta della Commissione c’è ancora molta divisione politica.
E comunque, scrive il Guardian, la frattura tra Polonia e Ue è destinata, potenzialmente, ad allargarsi ad altri campi considerati fondamentali per la qualità democratica. Uno di essi è la stampa. Il governo potrebbe intervenire sugli assetti proprietari nelle società private, incidendo sul pluralismo. La cosiddetta “ripolonizzazione”, già ventilata dopo la vittoria elettorale del 2015, ma non ancora attuata.
“Dopo la vittoria di Duda, la frattura tra Polonia e Unione europea è destinata ad allargarsi ad altri campi considerati fondamentali per la qualità democratica e lo stato di diritto. Uno di essi è la stampa, secondo il Guardian.”
Ipotesi estrema: Polexit
”Nel lungo periodo potremmo vedere un’altra nazione, dopo il Regno Unito, ritirarsi dall’Ue”. La Polexit, insomma. È questo lo scenario, drastico, cui allude ipoteticamente un articolo sul sito Jurist.org dell’università di Pittsburgh. L’autore, Neelabh Niket, effettua una lunga disamina delle riforme giudiziarie portate avanti dal 2015 dal governo, con la sponda del presidente Duda. Si ricordano le varie misure che, una dopo l’altra, hanno trascinato gli organi principali della giustizia polacca – Tribunale costituzionale, Consiglio nazionale giudiziario e Corte suprema – verso l’orbita dell’esecutivo.
La Corte di giustizia europea è intervenuta su questi passaggi con alcune efficaci misure ad interim, ma quando si è alzato il tiro, con le procedure d’infrazione aperte dalla Commissione, i risultati sono stati miseri. Neppure l’attivazione della procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato Ue, che prevede la sospensione di alcuni dei diritti politici derivanti dall’appartenenza all’Unione, ha convinto Varsavia a fare un passo indietro. Il mancato funzionamento di questa procedura configura un insostenibile conflitto tra una Ue ispirata da valori democratici e uno Stato ribelle che vi è refrattario.
Da qui l’ipotesi di Polexit, che Judy Dempsey di Carnegie Europe ritiene azzardata. «Né Duda, né il PiS contemplano l’idea di uscire dall’Ue. Da un lato, l’Ue resta molto popolare tra i polacchi. Dall’altro, solo nel 2018 ha assicurato 16,3 miliardi di Euro in fondi strutturali, pari al 3,4% del Pil polacco», ha scritto in un pezzo apparso prima del ballottaggio e nel quale si critica Bruxelles: doveva attivarsi molto prima sul rispetto dello stato di diritto.
Focus 2 | L’estate del coronavirus
Come abbiamo scritto in precedenti edizioni del Václav, i quattro Paesi dell’area Visegrád hanno affrontato l’emergenza Covid-19 in maniera diversa. Repubblica Ceca e Slovacchia si sono distinte in positivo a livello mondiale grazie a tempestivi lockdown e restrizioni efficaci. Ungheria e Polonia, invece, sono state meno reattive, ma hanno comunque limitato i danni della prima ondata del virus. Oggi molte misure precauzionali sono state allentate e le frontiere fra Stati dell’Unione europea sono state riaperte. A inizio luglio la Commissione Ue ha inviato ai Paesi membri una raccomandazione per revocare le restrizioni d’ingresso nei confronti delle persone provenienti da 14 Paesi extraeuropei, Cina inclusa.
Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia si sono sostanzialmente attenute alle linee guida. L’Ungheria no. In un post su Facebook il premier Viktor Orbán ha dichiarato di non volere mettere a rischio il popolo magiaro. L’unico Paese della lista a cui sono state tolte le restrizioni è la vicina Serbia, nonosntante proprio nel Paese balcanico si sia assistito a un aumento di casi di Covid-19 nelle ultime settimane. Lo segnala Bloomberg.
“I Paesi dell’Europa Centrale, seguendo le indicazioni di Bruxelles, stanno riaprendo i confini ai cittadini di alcuni Stati extra-comunitari. Una scelta che però l’Ungheria non condivide: confini chiusi, tranne che nei confronti dei serbi. ”
La situazione sanitaria, oltre che sulle frontiere, ha un impatto anche interno. Se in Polonia sia il numero di nuovi contagi che di decessi quotidiani legati al coronavirus sono simili a quelli di un mese fa – e calano lentamente – altrove tornano a crescere. A fine giugno in Repubblica Ceca si è registrato un aumento di infezioni. Il picco risale al 28 giugno con 305 nuovi contagi quotidiani, la metà di essi registrati in centri minerari come la cittadina di Karviná nella regione nord-orientale di Moravia-Slesia. E il 2 luglio la compagnia pubblica Okd ha chiuso le sei miniere di sua proprietà nel Paese fino a metà agosto.
«Non c'è ragione di farsi prendere dal panico. I numeri mostrano che le infezioni stanno di nuovo diminuendo. Tuttavia non possiamo escludere altri aumenti di casi nei prossimi giorni perché alcuni dei minatori risultati negativi al Covid-19 verranno sottoposti a nuovi tamponi», ha dichiarato il ministro della Salute, Adam Vojtěch il 7 luglio. Lo stesso ministro ha anticipato che indossare mascherine sui mezzi di trasporto potrebbe tornare obbligatorio a ottobre. Il punto della situazione su Radio Praga.
La tavolata con cui i praghesi hanno festeggiato la fine delle restrizioni anti Covid-19 / Getty/Gabriel Kuchta)
Anche in Slovacchia, ritenuta il modello europeo di contrasto alla pandemia (ne avevamo scritto nell’ultimo Václav), la curva dei contagi flette verso l’alto, come mai era successo da metà aprile. Nella prima settimana di luglio il dato è stato sempre a doppia cifra, con il picco dell’8 luglio (53 casi). Il premier, Igor Matovič, non drammatizza, anche se – spiega il New York Times – non esclude che si possano attuare di nuovo misure che limitino la circolazione delle persone e le attività degli esercenti. La Slovacchia è stato uno dei Paesi Ue a riaprire più rapidamente le attività economiche. In Ungheria, invece, la situazione rimane sotto controllo, ma sono stati segnalati focolai in varie zone del Paese. Lo riporta Hungary Today.
Infine, hanno avuto molto risalto le immagini di una festa tenutasi il 30 giugno nel centro di Praga. Ritraevano centinaia di persone sedute attorno a una lunga tavolata imbandita, apparentemente senza distanziamento sociale e senza indossare mascherine. Si celebrava l'imminente fine delle misure restrittive imposte dal lockdown. Come ricorda la Bbc, l'evento prevedeva posti prenotati, con i partecipanti chiamati a portarsi cibo e bevande da casa. L'assenza delle mascherine, invece, è legata al fatto che dal 1° luglio indossarle è facoltativo nel Paese, a eccezione degli ospedali, dove restano obbligatorie. Della festa praghese e dei dubbi legati ad essa hanno scritto Euronews e Rivista Studio.
Ungheria
Karácsony non imita Trzaskowski
Gergely Karácsony è il sindaco di Budapest dallo scorso ottobre. Per molti elettori di area progressista la sua vittoria ha rappresentato la prima breccia nel muro dell’orbanismo e in molti vedono in lui il futuro leader di un’opposizione unita, ricalcando in qualche modo il percorso del sindaco di Varsavia, Rafał Trzaskowski. Karácsony, in un servizio a lui dedicato su Balkan Insight, esclude però al momento questo scenario. «Sono troppo concentrato sull’incarico che mi è stato affidato a Budapest - ha dichiarato - ma spero che qualche altro sindaco che ha accumulato esperienza sul campo possa assumersi questa responsabilità».
La lotta di Index
Continua lo stato di allerta all’interno dello staff del sito di news Index.hu, di cui avevamo scritto nella scorsa edizione del Václav. Il gruppo Indamedia, la società che vende gli spazi pubblicitari di quello che è uno dei pochi organi di informazione ancora liberi in Ungheria, ha avanzato un piano per lo scioglimento dell’attuale redazione. I contenuti editoriali verrebbero forniti da agenzie esterne, allineate alle politiche del governo, ponendo fine all’indipendenza della testata. Questo piano ha suscitato vivaci proteste, tanto da essere momentaneamente sospeso. Tuttavia l’esperto di pubblicità e di comunicazione Zsolt Erdélyi ha dichiarato che l’attuale caporedattore di Index dovrebbe lasciare la sua posizione. Come sottolinea Index, Erdélyi in passato è stato consulente di Indamedia, e c’è il sospetto che ricopra ancora tale posizione.
Salari, Pil, disoccupazione
Nel 2019 il salario netto medio degli ungheresi su base annuale è stato di 9079 Euro, con un incremento dell’11,4% rispetto al 2018. Lo rivelano i dati pubblicati dall’Ufficio centrale di statistica (Ksh), riportati da Hungary Today. Nonostante venga confermato un trend di crescita costante negli ultimi anni, questo salario resta il terzo più basso nell’Ue, davanti solo a Romania (7600 Euro) e Bulgaria (6030 Euro). E il futuro non è roseo. La Commissione europea prevede una contrazione dell’economia ungherese del 7% a causa del Covid-19. A incidere saranno la diminuzione dei consumi delle famiglie e il crollo degli investimenti. Per il 2021 si prevede comunque un rimbalzo positivo, con una crescita del 6%. Lo riporta Hungary Today. Infine la disoccupazione. Tra marzo e maggio è salita al 4,1%, rispetto al 3,8% del trimestre precedente. Secondo una previsione riportata dall’agenzia di stampa cinese Xinhua, il numero dei posti di lavoro difficilmente tornerà in tempi rapidi ai livelli pre-pandemia, a causa delle difficoltà del settore turistico e dell’automotive.
Lago Balaton, la riviera dei sogni
Durante gli anni del comunismo è stata la più popolare destinazione delle vacanze per gli ungheresi e per i cittadini dell’Europa centrale che si trovavano sotto il Patto di Varsavia. Da qualche anno il lago Balaton ha riacquistato nuovamente lustro, diventando meta ambita anche per le nuove generazioni. La Cnn dedica un ampio servizio, corredato da una bella galleria di immagini, al “mare magiaro”, raccogliendo testimonianze da parte dei villeggianti di ieri e di oggi.
Il grande talento di Szoboszlai
Dominik Szoboszlai è il nuovo golden boy del calcio magiaro. Nelle ultime settimane il nome del talentuoso regista del Red Bull Salisburgo è stato accostato a Milan e Napoli. Ultimo Uomo ha tracciato un approfondito profilo tecnico e tattico del giocatore, con il quale si auspica il calcio danubiano possa rinverdire i fasti.
Slovacchia
Legge antiplagio
Il governo sta mettendo a punto un emendamento alla legge sull’istruzione universitaria che prevede la revoca dei titoli accademici in caso di plagio, certificato, nelle tesi di laurea e dottorato. La misura, che deve ancora essere perfezionata, si lega al recente scandalo che ha coinvolto il presidente del parlamento, Boris Kollár, leader di Siamo una famiglia, uno dei partiti della coalizione di governo. Kollár, è emerso sulla stampa, avrebbe copiato la propria tesi di laurea. Ne parla Buongiorno Slovacchia.
Canzoni per Ján
Sono passati quasi due anni e mezzo dall’assassinio del giovane giornalista d’inchiesta Ján Kuciak e della sua fidanzata, Martina Kušnírová. La loro testimonianza, l’impegno nel giornalismo e per la verità, resta una fonte di ispirazione per la società civile slovacca, così come per i musicisti. Diversi di loro hanno reso omaggio alle vittime nelle loro canzoni, rivela il Calvert Journal. In un pezzo firmato da Dariusz Kalan si dà conto di questa fioritura di brani per Ján e Martina. Pezzi pop, rap o ballate. L’attenzione verte soprattutto su Predstavujem Si Krajinu (Immagino il Paese), un pezzo già noto. È infatti una versione di Imagine di John Lennon con arrangiamenti più moderni. Fu scritto nel 1989, all’indomani della caduta del comunismo, nel tentativo di recuperare la figura di Ján Palach, dando valore al gesto estremo e tragico da lui compiuto per la libertà vent’anni prima. Palach, Kuciak, libertà: c’è un filo rosso che tiene tutto insieme.
Brutalismo slovacco - Un altro contributo culturale, sempre dal Calvert Journal. Il fotografo Stefano Perego ha catturato con il suo obiettivo le architetture brutaliste che furono realizzate in Slovacchia tra gli anni ‘60 e ’80. Alcune di queste strutture sono note: è il caso della sede della radio pubblica, con la sua forma a triangolo rovesciato, o della torre che svetta all’imbocco del ponte che, teso sul Danubio, collega il centro storico di Bratislava al distretto popolare di Petržalka. Qui le foto sui giganti brutalisti, affiancate da un testo che offre uno sguardo su quegli anni e su quello stile.
Doppietta dello Slovan Bratislava - Battendo per 1-0 l’Mfk Ruzomberok, l’Šk Slovan Bratislava ha conquistato la coppa di Slovacchia di calcio, la Slovnaft Cup. Il gol vittoria del match, disputato l’8 luglio, è stato realizzato dall’attaccante sloveno Alen Ožbolt su rigore procurato dal collega di reparto Žan Medved, anche lui sloveno. Con questa affermazione, l’Šk Slovan Bratislava, già vincitore del campionato slovacco per la quattordicesima volta (in bacheca anche otto titoli cecoslovacchi) coglie il “double”.
Repubblica Ceca
Le armi dell’esecutivo - Il governo del premier Andrej Babiš ha deciso di appoggiare una proposta di legge che chiede di modificare la costituzione inserendo un articolo sul diritto all’autodifesa con armi da fuoco fra i diritti fondamentali dell’individuo. Il testo è sostenuto da una petizione di 100mila firme raccolte fra cacciatori e appassionati che temono interferenze da parte dell’Unione europea sulle norme che regolamentano il possesso legale di armi da fuoco ed è stato presentato al Senato. Inizialmente il governo avrebbe dovuto restare neutrale sul tema, ma questa posizione è cambiata dopo un acceso dibattito. Fra chi era contrario alla modifica della costituzione, salvo poi cambiare idea vi è il ministro della Difesa, Lubomír Metnar. Ne scrive Euractiv
Milada Horáková al processo farsa a suo carico tenutosi a Praga nel 1950.
La storia di Milada Horáková - Si chiamava Milada Horáková. Era una giurista ed ex parlamentare ceca impegnata per il riconoscimento dei diritti civili delle donne cecoslovacche. Durante la Seconda guerra mondiale combatté con i partigiani e scontò una lunga prigionia fra il campo di concentramento di Terezin e la Germania nazista. A seguito del colpo di Stato che instaurò un regime comunista in Cecoslovacchia, venne condannata per alto tradimento in un processo farsa. I suoi ideali liberali e progressisti non piacevano al potere. Settant'anni fa, il 27 giugno 1950, venne uccisa per impiccagione. Aveva 48 anni e il suo corpo non venne mai consegnato alla famiglia. Fra le 178 persone giustiziate dalle Cecoslovacchia comunista, Milada Horáková fu l'unica donna. Pietro Cabrio racconta la sua storia sul Post.
Vince il festival di Karlovy Vary - Il festival internazionale di Karlovy Vary (Kviff) esiste dal 1946 ed è una delle principali rassegne cinematografiche europee. Quest’anno si sarebbe dovuto tenere dal 3 all’11 luglio nella nota località termale con la consueta parata di star e migliaia di spettatori, ma ad aprile era stato cancellato per via dell’emergenza coronavirus. Con una mossa a sorpresa, gli organizzatori hanno deciso di tornare sui propri passi e consentire all’evento di svolgersi ugualmente, in modo innovativo. Le proiezioni di 16 nuovi film sono state organizzate nei cinema di 80 città e cittadine di tutto il Paese, oggi riaperti con capienze limitate. Una formula che consente al festival di sopravvivere e alle sale cinematografiche, duramente colpite dai mancati introiti registrati durante il lockdown, di ripartire. La notizia su Emerging Europe.
La prima houseboat stampata in 3D - Si trova ancorata sulle sponde della Moldava nei pressi della pittoresca cittadina di České Budějovice. Ha un aspetto avveniristico simile a quello di un sottomarino con tanto di caratteristici oblò e una curiosa copertura di vegetazione. Si tratta della prima abitazione al mondo galleggiante realizzata interamente con una stampante 3D. Al suo interno lo spazio è limitato: appena 43 metri quadrati. Per realizzarla, però, sono bastate 22 ore e 17 tonnellate di uno speciale cemento. Via Prague Morning.
Polonia
Guai con il carbone - La tenacia con cui il governo polacco continua a scommettere sul carbone è stato uno dei temi più importanti del dibattito europeo nell’ultimo anno. Il motivo è apparentemente semplice: dal carbone arriva il 75% del fabbisogno energetico interno polacco e non sembra facile per il governo di Varsavia trovare un’alternativa valida che garantisca la riduzione delle emissioni richiesta dall’Unione europea. Eppure, anche alla luce degli ultimi focolai di Covid-19 esplosi proprio all’interno di miniere di carbone in Slesia, il dibattito sull’estrazione di carbone si è riaperto, con un fronte interessante sulla sua efficienza. Scarsa, secondo gli esperti. Ne parlano Associated Press e Financial Times.
Viaggio nelle “Lgbt free zone” - La scelta di alcuni paesi e città polacche di dichiararsi “zone libere da Lgbt” negli scorsi mesi è stata ripetutamente ripresa dai media internazionali, suscitando reazioni scandalizzate. Non sempre, tuttavia, il fenomeno è stato raccontato bene, né tantomeno dall’interno. Una parziale risposta arriva da Filippo Rossi, teorico conservatore ed editorialista del Fatto Quotidiano, che pochi giorni fa ha dedicato al tema un dettagliato reportage.
Uno Schulz inedito - Bruno Schulz è uno degli scrittori più noti e importanti del Novecento polacco, in particolare grazie alla sua raccolta di racconti ‘Le botteghe color cannella’, tradotta in tutto il mondo. A causa della sua morte prematura per mano di un agente della Gestapo, molti suoi lavori sono andati perduti, ma di recente è stato ritrovato un racconto che, per temi e stile, è quasi certamente da attribuire a Schulz. Stanley Bill lo ha presentato e tradotto in inglese sulle pagine di Notes from Poland.
Chi siamo, dove siamo
Centrum Report è un collettivo giornalistico fondato da Matteo Tacconi, Fabio Turco, Salvatore Greco e Lorenzo Berardi, tutti appassionati di Europa Centrale. Per saperne di più su di noi clicca qui. Siamo presenti in rete con un sito, una pagina Facebook e un account Twitter.
Due i prodotti che sviluppiamo. Il primo è Václav, una rassegna stampa ragionata. Una bussola per capire dove va la regione. La pubblichiamo ogni due settimane. Se apprezzate il nostro servizio, invitate altre persone a fruirne!
E poi scriviamo i longform. Articoli molto lunghi, da leggere tutti d'un fiato, su cultura, storia, politica e società dei Paesi dell'Europa Centrale. Non inseguiamo l'attualità, cerchiamo piuttosto di promuovere un giornalismo lento e attento. Ecco l'archivio della sezione.