Václav #34

8-25 giugno 2020

Apriamo questo Václav, il numero 34, con tre focus: presidenziali polacche, Recovery Fund e questione democratica in Ungheria, in questo ordine. Il voto polacco, in particolare, è di cruciale importanza. Un test per il potere e per il suo candidato, il capo dello stato uscente Andrzej Duda, così come per l’opposizione liberale, che schiera il sindaco di Varsavia, Rafał Trzaskowski. Ballottaggio quasi certo, secondo turno molto battagliato: queste le previsioni.

Dopo i focus, le notizie raggruppate per Paese. Ancora una volta apriamo una finestra sul modello slovacco di contrasto alla pandemia, un’esperienza interessante e virtuosa, che rimbalza di continuo sulla stampa internazionale. E poi, sempre a proposito di Covid-19, i focolai del bacino carbonifero polacco. Nella parte ungherese, enfasi sul movimento Black Lives Matter e su una ricerca, particolare, che fa di Budapest la terza città più maleducata d’Europa! Buona lettura.


Focus 1 | Duda vs Trzaskowski


L’esito della contesa presidenziale – urne aperte il 28 giugno, ballottaggio eventuale il 12 luglio – è quanto mai incerto perché la situazione è drasticamente cambiata rispetto un mese fa, quando il presidente uscente Andrzej Duda sembrava avere la rielezione in tasca. Dal momento in cui i liberali hanno deciso di candidare il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski al posto di Małgorzata Kidawa-Błońska, il divario si è progressivamente ridotto. Gli ultimi sondaggi danno Duda al 43%, troppo poco per poter sperare in una vittoria al primo turno. Trzaskowski è indietro, con il 26% delle preferenze, ma in un eventuale ballottaggio potrebbe far confluire su di sé i voti della maggior parte degli altri candidati. Duda invece potrebbe contare solo sull’appoggio degli elettori di Krzystof Bosak, del partito di estrema destra Konfederacja, che attualmente raccoglierebbe il 6% dei consensi. Nel caso dovesse essere eletto, Trzaskowski ha promesso di essere un presidente in grado di andare al di là delle divisioni che hanno spaccato politicamente la Polonia negli ultimi anni. «Ne abbiamo abbastanza di dividere le donne e gli uomini polacchi tra chi sta con noi e chi no. In eguali e più eguali. Siamo stufi di dividerci in meglio e peggio». Lo riporta Euronews.

In chiusura di campagna elettorale il presidente Duda ha attaccato duramente la comunità Lgbt+ e cercato l’appoggio di Donald Trump. Lo sfidante principale, Trzaskowski, ha promesso che, se eletto, cercherà di evitare le polarizzazioni.

Sull’altro fronte Duda, nel tentativo di compattare intorno a sé l’elettorato cattolico ha attaccato duramente la comunità Lgbt+, dichiarando durante un comizio che la sua è un’ideologia ancor più distruttiva del comunismo, riferisce ancora Euronews. Immediata la reazione dell’Unione europea. La commissaria per i valori e la trasparenza, Věra Jourová, ha definito oltraggiose le parole di Duda, in quanto violano le regole fondamentali del diritto europeo e della costituzione polacca. Ne scrive Bloomberg.

Il presidente uscente si muove anche sul piano delle relazioni internazionali, con l’obiettivo di ridare lustro alla sua figura. Il 24 giugno è stato ricevuto alla Casa Bianca dal presidente statunitense Donald Trump. Due i temi caldi: la difesa e l’energia. Nelle scorse settimane gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro di 9500 soldati attualmente dislocati in Germania: Duda ha chiesto di ricollocarne alcuni sul suolo polacco. Ne scrive il Guardian. Quanto all’energia, secondo Europa Today Trump sarebbe intenzionato a sostenere la costruzione di una centrale atomica polacca, con cui il governo punta a diversificare e, al tempo stesso, diminuire la propria dipendenza dal carbone. L’offerta di Trump si rivelerebbe un assist importante da giocare in chiave elettorale.


Focus 2 | Il Recovery Fund visto da Visegrád


Il 19 giugno si è tenuto, in video conferenza, il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue. Argomento del giorno, il Recovery Fund, il pacchetto da 750 miliardi – in parte prestiti, in parte a fondo perduto – proposto dalla Commissione per il recupero economico post Covid-19. Non è stato trovato un compromesso. Il fronte dei “frugali” non vuol fare concessioni, e quello dei “semi-frugali”, come sono stati definiti i Paesi di Visegrád (V4), resta scettico sullo schema della Commissione. Alla vigilia del vertice il primo ministro ceco Andrej Babiš ha minacciato di porre il veto, ha scritto Reuters. Non accetta che la distribuzione delle risorse tenga conto del tasso di disoccupazione pre-pandemia (la Repubblica Ceca aveva praticamente piena occupazione). Molto critica anche la Slovacchia. Il suo ministro delle finanze, Richard Sulík, ha criticato sia il piano di rilancio, sia l’Italia: non è sano che chi produce più debito di tutti, riceva più di tutti (Euractiv).

Qualche giorno prima, l’11 giugno, i primi ministri del V4 si erano incontrati nella località ceca di Lednice, discutendo proprio, tra le altre cose, di Recovery Fund. Oltre a Praga, anche Budapest ha mostrato in questo periodo un approccio abbastanza intransigente. Varsavia e Bratislava sono state più conciliatorie (Euractiv). Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, che aveva descritto il Recovery Fund come «assurdo e perverso», un modo «di finanziare i ricchi con i soldi dei poveri», si è però ammorbidito, spiegando di accettare la quota – 15 miliardi – che il piano mette a disposizione dell’Ungheria. Ne ha scritto Massimo Congiu su Affari Internazionali.

Intanto, per tornare a Babiš, il parlamento europeo ha adottato una risoluzione in cui deplora il fatto che il primo ministro ceco partecipi ai negoziati sul bilancio europeo e sul Recovery Fund mentre ancora, in patria, non ha sciolto il conflitto di interessi che lo vede protagonista. Una delegazione di deputati europei aveva di recente effettuato una missione ad hoc a Praga, rilevando che non c’è modo di capire se Babiš controlli o meno Agrofert, il colosso agro-chimico di cui è fondatore, uno dei giganti economici del Paese (nonché tra i principali riceventi di fondi europei). La risoluzione, sintetizza il servizio stampa del parlamento Ue, suggerisce a Babiš tre opzioni: cedere l’azienda, non richiedere fondi Ue o dimettersi dalle cariche pubbliche.


Focus 3 | Democrazia orbaniana


L’Europa contro la legge “anti-Ong”
Problemi con l’Ue, ma su un altro terreno, in questi giorni li ha avuti anche il primo ministro ungherese. Il 18 giugno la Corte di giustizia dell’Ue (Cgue) ha definito «discriminatoria e ingiustificata» la legge ungherese sulle Ong, in vigore dal 13 giugno 2017. Considera “organizzazioni sostenute dall’estero” le associazioni e fondazioni che ricevono finanziamenti superiori a 7,2 milioni di fiorini (circa 21mila Euro) nell’arco di un anno, da qualsiasi soggetto straniero, compresa l’Ue.

La legge obbliga le Ong a registrarsi con lo status di “organizzazione straniera o sostenuta dall’estero” in tribunale, sul proprio sito web e in ogni pubblicazione a mezzo stampa. Le costringe inoltre a indicare il nome dei donatori esteri se i loro versamenti superano i 1400 Euro, pena pesanti sanzioni. La Cgue, adita dalla Commissione, chiede a Budapest di abrogare la norma o di renderla congrua con l’ordinamento comunitario. Nel caso in cui ciò non avvenisse, il governo ungherese rischia l’apertura di una procedura d’infrazione. Della vicenda si sono occupati Il Post e Repubblica.

La revoca dei pieni poteri, secondo le organizzazioni impegnate nel monitoraggio della democrazia, è solo “camuffata”. Una nuova legge dà al governo la possibilità di ripristinarli, senza conferma parlamentare, in caso di nuova situazione di emergenza sanitaria.

Fine dei pieni poteri, ma…
Il parlamento ungherese, intanto, ha confermato la fine dello stato d’emergenza dichiarato il 30 marzo, che aveva conferito pieni poteri al premier Viktor Orbán, destando ulteriori preoccupazioni sulla tenuta democratica nel Paese. Tuttavia, come sottolinea Lili Bayer su Politico, la legge che accompagna il ripristino delle funzioni del parlamento, approvata il 16 giugno, sostituisce le precedenti misure straordinarie con un altrettanto eccezionale “stato di crisi sanitaria”. Durerà fino a metà dicembre. Il premier potrà avocare a sé poteri rafforzati, e il Parlamento non avrà la forza di opporsi. Durante lo stato di crisi sanitaria – a differenza di quanto reso possibile dal precedente stato d’emergenza – il governo non potrà modificare leggi o porre restrizioni alle libertà individuali senza passare per l’aula. Restano comunque vigili varie organizzazioni impegnate nel monitoraggio dello stato di diritto. Della revoca dei pieni poteri, e su come sono stati utilizzati in questi due mesi e mezzo, ne ha parlato Matteo Tacconi su Ispi.

Nuova consultazione nazionale
La fine dei pieni poteri è coincisa con l’invio per posta, a tutti i cittadini ungheresi, di una consultazione nazionale da parte del governo. È la nona volta che accade nel giro di dieci anni, ovvero da quando Fidesz, il partito del primo ministro, è tornato al potere. Secondo l’esecutivo, tali consultazioni servono a indirizzare l’azione di governo, ma opposizioni e osservatori internazionali le ritengono un’espressione di democrazia plebiscitaria (Euractiv, EuObserver). Questa volta i quesiti sono 13. Nove riguardano la gestione del coronavirus da parte del governo, mentre le rimanenti si focalizzano sul presunto piano europeo pro-migranti e su George Soros, consueto spauracchio del premier Orbán. Qui tutte le domande del questionario, in inglese. Gli otto milioni di elettori ungheresi hanno ora tempo fino al 15 agosto per rispondere. Come ricorda Edit Inotai su Reporting Democracy, i passati questionari non hanno riscosso un grande successo in termini di risposte pervenute (dal 9 al 31% degli interpellati).

Le mani del potere su Index.hu
E infine, le sorti di Index.hu, il sito di notizie più visitato del Paese. Uno degli ultimi baluardi della stampa libera, per molti. Sarebbe in corso un tentativo di riscrivere gli equilibri societari e redazionali, in senso favorevole al governo. Lo staff di Index.hu appare molto preoccupato. EuObserver rivela che dietro il possibile assalto al sito ci sarebbe Miklós Vaszily, imprenditore molto vicino al premier Orbán, che di recente aveva rilevato una quota importante nella società che gestisce la raccolta pubblicitaria di Index.




Slovacchia


La miglior risposta al Covid-19

La Slovacchia è stato il Paese Ue con la migliore reazione all’epidemia. Il tasso di mortalità da Covid-19 è oggi 20 volte inferiore a quello registrato in Germania e 100 volte inferiore a quello registrato in Svezia. Le evidenze scientifiche sono ancora tutte da valutare, ma Juraj Mesík su Slovak Spectator, indica nella disciplina della popolazione e nella tempestività delle misure di contenimento il segreto del successo. E poi punzecchia i media europei, che ignorano la Slovacchia quando cercano Paesi modello da presentare al pubblico.

La pandemia, a ogni modo, avrà un impatto economico notevole sul Paese. Il governo, guidato da Igor Matovič, cerca di evitare il peggio. Grande l’attenzione su imprese e investimenti. Peter Kremský, presidente della commissione affari economici del Parlamento, ha organizzato un tour per le aziende della Slovacchia orientale, dichiarando che un obiettivo dell’azione di governo sarà quello di adattare le leggi ai bisogni dell’economia. Una prospettiva che sembra aver convinto il colosso americano dell’acciaio U.S. Steel a investire ancora nel suo stabilimento di Košice: 1,5 miliardi di euro in dieci anni. Ma il governo, sostiene Kremský, dovrà garantire maggiore flessibilità, minori costi e burocrazia snella (Buongiorno Slovacchia). Una sfida impegnativa, se è vero che la Slovacchia ha perso quattro posizioni nel World Competitiveness Center, un indice globale sulla competitività elaborato su base annua. Su 63 Paesi analizzati, la Slovacchia si è posizionata al 57° posto, ben lontana dagli altri Paesi Visegrád: Repubblica Ceca al 33° posto, Polonia al 39°, Ungheria al 47°. I dettagli sempre su Buongiorno Slovacchia.

Il governo cerca di sviluppare politiche per le imprese e gli investimenti, in questa fase difficile. Una buona notizia: U.S. Steel mette soldi sul suo impianto di Košice. Una meno buona: la competitività slovacca non è il massimo.

L’ex premier Pellegrini fonda un nuovo partito
Le ultime elezioni parlamentari hanno segnato un punto di non ritorno per Smer-Sd, il partito di ispirazione socialista, ma spesso criticato per le tendenze populiste. La sconfitta bruciante e il ritorno all’opposizione dopo 14 anni di potere hanno messo uno di fronte all’altro i due ex premier, Robert Fico e Peter Pellegrini, le figure più forti nel partito. Dopo aver chiesto pubblicamente un passo indietro da parte di Fico, invano, Pellegrini ha fatto un passo in avanti lasciando Smer-Sd e annunciando la creazione di un nuovo partito. Nonostante non abbia ancora né un simbolo né un nome, un sondaggio attribuisce al futuro partito di Pellegrini un consenso di partenza intorno al 20%, il doppio di quello di cui attualmente gode Smer-Sd. I dettagli su Kafkadesk. Pellegrini è stato premier dal 2018 fino a poche settimane fa. Aveva sostituito Robert Fico, premier nel 2006-2010 e poi nel 2012-2018, dimessosi dopo la morte del giornalista Ján Kuciak. Il governo Pellegrini ha attuato il lockdown; Igor Matovič sta gestendo la ripresa: il contrasto alla pandemia – almeno quello – ha un carattere bipartisan a Bratislava.

Slovacca, vietnamita e donna in carriera
Anche l’edizione slovacca di Forbes, come la casa madre, celebra ogni anno i suoi migliori 30 under 30, una lista di giovani di successo. Tra coloro che figurano nell’ultima c’è Lucia Thao Huong Šimeková, imprenditrice 28enne di origini vietnamite, proprietaria della catena di ristoranti Pho. A due anni dalla fondazione, ha raggiunto tre milioni di Euro di fatturato annuo. La sua storia di successo su VNExpress.

Violenza a scuola
La riapertura delle scuole dopo l’epidemia ha avuto un inizio tragico in Slovacchia dopo che un giovane armato di coltello ha fatto irruzione in una scuola primaria della piccola città di Vrútky, nel nord della Slovacchia. Secondo le ricostruzioni, l’uomo è entrato nell’edificio sfondando una vetrata, ha ferito a morte il direttore e colpito in maniera meno grave un’insegnante e due alunni. L’aggressore ha poi opposto resistenza con la polizia ed è stato ucciso da uno degli agenti. La cronaca della Bbc


Ungheria


Black Lives Matter, anche a Budapest
Anche in Ungheria si sono svolte manifestazioni a sostegno del movimento Black Lives Matter, mobilitatosi dopo l’uccisione di George Floyd da parte della polizia a Minneapolis, negli Stati Uniti d’America. Una delle principali si è tenuta a Budapest il 7 giugno e ha visto la partecipazione di un migliaio di manifestanti, riunitisi davanti all’ambasciata statunitense. Lo riferisce l’agenzia di stampa cinese Xinhua.

La capitale scortese
Budapest è la terza città più maleducata d’Europa. Lo rivela un bizzarro sondaggio della rivista d’affari CEOWorld, condotto prima dell’epidemia di coronavirus su un campione di 180mila intervistati. Cinquanta i centri urbani considerati. Budapest è in ottima compagnia, visto che a precederla, al primo e secondo posto, sono Parigi e Londra. Poco amichevole anche Praga, piazzatasi sesta. Galleggia a centro classifica Varsavia. Assente del tutto Bratislava. Via Kafkadesk.

Dal Giro d’Italia al Tour d’Ungheria
Quest’anno il Giro d’Italia sarebbe dovuto partire il 9 maggio con una crono a Budapest, per poi avere due tappe successive, sempre in Ungheria. Tutto cancellato per via del Covid-19. La corsa rosa prenderà il via il 3 ottobre da Palermo. Gli appassionati di ciclismo magiari potranno consolarsi, almeno parzialmente, grazie al Tour d’Ungheria. È stato recentemente confermato che la 41° edizione della corsa si svolgerà dal 29 agosto al 2 settembre. Cinque tappe soltanto; partenza dalla basilica di Esztergom, arrivo a Kékestető.  





Polonia

Contagi pro capite in Polonia, aggiornati all’11 giugno / Wikipedia

Contagi pro capite in Polonia, aggiornati all’11 giugno / Wikipedia


Covid in miniera
La Polonia, insieme alla Svezia, è l’unico Paese europeo a non aver superato ancora il picco dei contagi per coronavirus. Lo ha riferito il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Nel caso polacco, in particolare, a determinare quasi la metà dei casi delle ultime settimane è stato il proliferare del virus nelle miniere di carbone. Per questo motivo il governo ha deciso la chiusura temporanea di 12 impianti di estrazione. A circa una settimana dall’entrata in vigore del provvedimento il vice primo ministro Jacek Sasin ha dichiarato che la situazione nelle miniere si è stabilizzata (Economic Times). Nel frattempo sono stati riaperti i confini con i Paesi dell’Unione europea, a partire dal 13 giugno. Questa e altre misure sulle frontiere vengono riportate su Deutsche Welle.

La partita energetica
Varsavia persegue da tempo un programma di diversificazione energetica. Un lungo approfondimento del Financial Times fa il punto in merito. Il quotidiano finanziario britannico evidenzia i problemi legati alla scelta di non rinnovare il contratto di fornitura del gas con il colosso energetico russo Gazprom, per favorire l’importazione di gas naturale liquefatto americano: costerà di più. È pur vero, al tempo stesso, che Gazprom ha gonfiato i prezzi per il mercato polacco, e dovrà pagare 1,3 miliardi di Euro a PGNiG, la compagnia pubblica polacca per l’energia, secondo quanto stabilito dall’arbitrato internazionale del tribunale di Stoccolma. La notizia su The Moscow Times.

Tesco se ne va
La catena britannica di supermercati Tesco ha annunciato la vendita di tutti i suoi 301 punti vendita alla danese Salling Group. L’operazione, attualmente sotto approvazione da parta delle autorità antitrust, ha un valore di 900 milioni di złoty (200 milioni di Euro circa). Tesco era entrata nel mercato polacco nel 1995 (Warsaw Business Journal).

Videogiochi sui banchi di scuola
The war of mine è un videogioco prodotto dalla casa di produzione polacca 11 Bit. La situazione che affronta è quella di un civile che cerca di sopravvivere in una città assediata. Per la sua capacità di raccontare un evento tragico come la guerra in modo serio e maturo, il gioco entrerà a partire dal prossimo anno scolastico nella lista delle letture educative per gli studenti dai 18 anni in su. Il pezzo è del sito specializzato Staynerd.

Cent’anni di illustrazioni
L’illustrazione e la grafica sono un’eccellenza polacca. Due volumi di recente pubblicazione ne celebrano la tradizione. Il primo è Captains of Illustration – 100 Years of Children’s Books from Poland, che parla della grande letteratura per l’infanzia in Polonia. Il secondo, The ABC of Polish Design, è una raccolta anno per anno dell’evoluzione del design polacco dall’inizio Novecento ad oggi. Qui l’articolo della rivista Abitare, corredato da una bella galleria di immagini.


Repubblica Ceca


Lo strano caso del confine ceco-polacco  
Ha destato scalpore lo strano incidente occorso a fine maggio sul confine ceco-polacco, ma riportato alla stampa solo nei giorni scorsi. Un piccolo distaccamento dell’esercito polacco, impegnato a pattugliare il confine, ha sconfinato in Repubblica Ceca organizzando un posto di blocco intorno a una piccola cappella, impedendo a dei cittadini cechi di raggiungerla. Le autorità ceche, venute a sapere della situazione, hanno chiesto a quelle polacche di sgomberare i militari. Come riconosciuto da Varsavia, l’incidente è stato causato da un’incomprensione. Ne hanno scritto Politico e la Cnn. Sempre a proposito di confine ceco-polacco, il sito di Radio Praga racconta la strana situazione, ai tempi della pandemia, tra Český Těšín and Cieszyn, le cittadine ceca e polacca divise dal fiume Olza, frontiera naturale tra i due Paesi. Le misure sanitarie hanno avuto un forte impatto sulle relazioni transfrontaliere.

Discriminazione verso i rom
Sul sito Romea, storica rivista online sul mondo rom, durissimo editoriale sulla gestione dei fondi europei per l’integrazione sociale della principale minoranza del Paese. È una corsa molto competitiva per accaparrarseli, e certe Ong, certe associazioni cristiane e certi enti locali fanno di tutto per estromettere chi davvero promuove gli interessi dei rom, si legge nel pezzo.

Quando Nedvěd ci umiliò
Una cronaca retrospettiva del 2-1 inferto dai cechi all’Italia agli Europei di calcio del 1996, disputati in Inghilterra. Quella sconfitta ci costò l’eliminazione. La nazionale di Nedvěd (siglò l’1-0), Poborský e Berger sarebbe poi giunta in finale, perdendo contro la Germania dopo essere andata in vantaggio. Era una gran bella squadra (The Football Times). Qui di seguito, link al canale Youtube della Figc per una carrellata storica sui match che l’Italia ha disputato contro la Cecoslovacchia e la Repubblica Ceca.




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