Václav #33
25 maggio- 7 giugno 2020
Dopo mesi di colpi scena, tra cui il rinvio della tornata elettorale, inizialmente prevista per il 10 maggio, e il cambio in corsa del candidato del principale partito di opposizione, sembra essere giunta a un punto di svolta la vicenda delle elezioni presidenziali polacche. Sono state infatti annunciate le nuove date in cui i cittadini saranno chiamati a scegliere il presidente: il primo turno sarà il 28 giugno, mentre l’eventuale ballottaggio si terrà il 12 luglio.
Nel frattempo Repubblica Ceca e Slovacchia ritornano gradualmente alla normalità dopo l’epidemia di coronavirus, ma crescono le preoccupazioni per i contraccolpi economici. In Ungheria tiene invece banco il centesimo anniversario del trattato del Trianon, che vide il Paese magiaro perdere gran parte dei suoi territori. Si tratta di una ferita ancora aperta per la nazione ungherese. Questo e non solo nell’edizione numero 33 di Václav. Buona lettura!
Polonia
Presidenziali il 28 giugno
Dovevano tenersi il 10 maggio, e fino all’ultimo Diritto e Giustizia (PiS), partito di maggioranza al governo, ha cercato di non rimandare la tornata. Poi ha ceduto, avendo constatato che i tempi per organizzare il voto postale – un rito alternativo dovuto alla pandemia – erano troppo stretti. Ora però c’è finalmente una data: si voterà il 28 giugno, con eventuale ballottaggio il 12 luglio. Lo ha annunciato il 3 giugno Elżbieta Witek, presidente del Sejm, la camera bassa del parlamento. Si voterà ai seggi, ma chi ne farà richiesta potrà esprimere la propria preferenza anche per posta.
““Il rivale più accreditato del presidente uscente Andrzej Duda è il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, dell’area liberale. Secondo i sondaggi, Trzaskowski potrebbe affermarsi al ballottaggio. Si terrebbe il 12 luglio.”
Il candidato del PiS è il presidente uscente Andrzej Duda, che ha sempre appoggiato l’agenda dell’esecutivo guidato da Mateusz Morawiecki. Da qui il tentativo di tenere le presidenziali il 10 maggio, a ogni costo, prima che gli effetti del lungo lockdown sull’economia iniziassero a farsi sentire. E infatti, nota Reuters, il consenso di Duda, che inizialmente sembrava destinato a confermarsi presidente al primo turno, sta precipitando. Il rivale più accreditato è il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, il candidato della coalizione liberale. Se si andasse al ballottaggio, potrebbe prevalere, ricorda il New York Times. E potrebbe farlo persino Szymon Hołownia, un giornalista cattolico che ha indossato i panni del candidato indipendente fuori dagli schemi.
Per Trzaskowski c’è stata una corsa contro il tempo da fare. Ha dovuto infatti raccogliere le 100mila firme necessarie per sostenere la sua candidatura in pochi giorni, spiega Notes From Poland. Gli altri candidati non dovevano invece presentarle: lo avevano già fatto in vista del 10 maggio. La candidatura di Trzaskowski, scelto al posto della poco convincente Małgorzata Maria Kidawa-Błońska, è successiva a quella data.
La strana fiducia chiesta dal governo
Non è un periodo facile per il PiS. L’economia scricchiola, le critiche per la gestione del coronavirus crescono e una bizzarra storia di censura, di cui abbiamo dato conto nel Václav precedente, tiene banco. E poi nei giorni scorsi c’è stata la cattura della Corte suprema, il massimo organo del sistema giudiziario: l’ultimo che non era stato occupato dal partito al governo. Il ricambio al vertice della Corte suprema è stato a dir poco rocambolesco. Il nostro Matteo Tacconi ha riassunto la vicenda per Linkiesta. Sommandosi tra di loro, questi fattori stanno riducendo le chance di Duda di confermarsi alla presidenza, che prima apparivano altissime. E così il PiS, in vista della tornata del 28 giugno cerca di mostrarsi unito e determinato. Sembra ricollegarsi a questa esigenza il voto di fiducia che il premier Mateusz Morawiecki ha chiesto di recente al Sejm. Fiducia ovviamente ottenuta, data la maggioranza larga di cui il PiS dispone.
Il tracciato del canale sulla laguna della Vistola / Wikipedia
Il canale sovrano
È quello che il governo sta realizzando nella laguna della Vistola, l’area salmastra situata a est della foce del grande fiume. Le acque lagunari sono in parte polacche, in parte russe (exclave di Kaliningrad). Al momento l’accesso dal Baltico alla laguna è possibile dal solo porto di Baltysk, in Russia: ecco perché la Polonia vuole il canale. In una recente visita al cantiere il presidente Duda ha dichiarato che serve a rafforzare la sovranità nazionale. Lo riporta il sito filo-governativo The First News.
L’opera permette un collegamento diretto tra il Baltico e la città di Elbląg, come si vede dalla mappa, evitando il controllo marittimo russo. Insieme a Duda, c’era il premier Mateusz Morawiecki, secondo il quale il canale è una dimostrazione della credibilità del Paese, oltre che un investimento che potrà favorire lo sviluppo in quest’area periferica della Polonia.
Il progetto è strategico, ma non mancano le polemiche. Hanno protestato sia gli ambientalisti, perché la laguna è protetta dall’Ue, sia i residenti. La costruzione del canale spezza la continuità della sottile striscia di terra che corre tra laguna e Baltico. Di fatto, il governo sta creando un’isola: questa la tesi dei residenti, come spiegava Reuters in un dispaccio del marzo scorso.
I semi-frugali
Per Visegrad Insight, il giornalista ceco Martin Ehl spiega la posizione dell’Europa Centrale sul Recovery Fund proposto dalla Commissione europea. Il timore di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia è che il piano di aiuti, pensato per soccorrere le economie dei Paesi più colpiti dalla pandemia, possa riscrivere il senso di marcia dei finanziamenti europei: non più ovest-est, ma nord-sud. Oltre a questo, c’è il discorso del bilancio 2021-2017, i fondi strutturali in poche parole, a cui il Recovery Fund verrà agganciato. I Paesi Visegrád sono consapevoli che questo è l’ultimo bilancio da cui potranno attingere massicciamente, dato che i loro Pil pro capite – in particolare quello ceco – si avvicinano sempre di più alla media europea. C’è quindi un conflitto tra solidarietà: quella che si pretende per sé stessi e quella che non si vorrebbe dare al Sud. L’Europa Centrale «conferma la sua immagine non solidale, egoistica e autoreferenziale», scrive Ehl, che lascia però intravedere un po’ di ottimismo quando ricorda che i negoziati sul bilancio e sul rilancio verranno finalizzati dalla presidenza tedesca dell’Unione europea, che scocca il 1° luglio. «È l’unica chance per ridurre l’avidità dell’Europa Centrale e assicurarla al tempo stesso un po’ del denaro che si aspetta di ricevere».
Per la Polonia il Recovery Fund mette a disposizione 63 miliardi di Euro, stando alla proposta della Commissione (Warsaw Business Journal). Varsavia, che è già la prima beneficiaria di fondi strutturali, risulta il terzo Paese Ue in termini di risorse che Bruxelles vuole stanziare, dopo Roma e Madrid. In rapporto al loro peso sul Pil, ottiene però qualcosa in più.
Scambi con Berlino: Varsavia supera Roma
Il governo polacco ha riferito che la Polonia avrebbe scavalcato l’Italia nella graduatoria dei partner commerciali della Germania, salendo al quinto posto. La nota governativa si basa sui dati sull’import-export di gennaio e febbraio. Il dato va verificato meglio, ma non è affatto inverosimile. Italia e Polonia erano ormai appaiate, come dimostrano anche i dati provvisori sul 2019 diffusi a metà maggio dall’Istituto statistico tedesco. Dalla tabella si evince che l’interscambio italo-tedesco vale 125 miliardi di Euro, quello tedesco-polacco 123. Una differenza notevole rispetto ai valori del 2004 (108 miliardi e 43 miliardi rispettivamente), l’anno dell’ingresso polacco in Europa. Li abbiamo ricavati dai database della Banca mondiale.
Caleidoscopio polacco
Culture.pl, magazine online su storia, cultura, identità e arte polacche, dedica un ampio approfondimento al tema identitario, sviscerandone i tanti aspetti a livello locale. Ci sono le minoranze: tedeschi e tatari, casciubi e rom, fino ai lemko. E poi gli incroci linguistici e il territorio. Qui il dossier.
Repubblica Ceca
La nuova fase
Dopo aver riaperto caffè, alberghi e ristoranti, la Repubblica Ceca si avvia verso l’ultima fase di allentamento delle restrizioni, che inizia oggi. Via il distanziamento sociale in cinema, teatri e sale concerto. Il limite massimo delle persone ammesse ai grandi eventi passa a 500, mentre quello per zoo e giardini botanici sale da 150 a 250. L’intenzione è quella di togliere tutte le restrizioni a partire dal 15 giugno. Lo riporta Agenzia Nova.
Sono stati completamente riaperti i confini con Germania, Austria, Ungheria e Slovacchia, mentre rimangono ancora chiusi quelli con la Polonia. A partire dalla metà di giugno dovrebbe comunque essere introdotto un sistema che permetterà ai viaggiatori provenienti dalla maggior parte dei Paesi europei di entrare senza obbligo di quarantena o di effettuare il test per il coronavirus. Tali limitazioni permarranno per quei Paesi in cui la diffusione del virus rimane ancora consistente. La notizia da Kafkadesk.
L’ombra della crisi
Al ritorno alla “quasi” normalità in bar e ristoranti, la Bbc ha dedicato un breve servizio del proprio corrispondente a Praga, Rob Cameron. La prima ondata della crisi economica legata al coronavirus ha colpito però proprio il settore della ristorazione. Secondo i dati riportati da Prague Morning, a una settimana di distanza dal 25 maggio, data in cui sono state rimosse le limitazioni, un quarto dei 300mila locali del Paese, non aveva ancora riaperto. Anche il settore turistico subirà duri contraccolpi, soprattutto nella capitale Praga, ma se ne capirà l’entità solo in autunno, ha dichiarato Hana Třeštíková, consigliere per la Cultura e il Turismo della capitale ceca. La notizia su Radio Praga.
““Turismo e ristorazione risultano essere i settori maggiormente colpiti dalla crisi economica generata dal coronavirus. E gli industriali esprimono preoccupazione. Nel primo trimestre il Pil ha perso 2,2 punti percentuali. ””
Preoccupazione per l’andamento dell’economia è stata espressa anche della Camera degli industriali, secondo la quale molte imprese saranno costrette a licenziare i lavoratori a causa delle insufficienti misure di sostegno fornite dal governo. A pagare dazio rischiano di essere le compagnie più grandi, in quanto gli aiuti risultano limitati alle aziende con un massimo di 50 impiegati. Secondo i dati riportati da TrendOnline, nei primi tre mesi del 2020 il Pil ceco ha registrato una flessione del 2,2%, mentre rispetto al trimestre precedente il calo è stato del 3,3%.
Quote ceche nei supermercati
Una proposta di legge avanzata da Ano 2011, partito di maggioranza al governo, ma sostenuta anche da membri di altre formazioni, vorrebbe introdurre l’obbligo per negozi e supermercati di vendere una quota minima di prodotti alimentari di produzione ceca. Si prevede una quota del 55% entro 2021, da aumentare fino a un massimo dell’85% entro il 2027. Si tratta di una misura fortemente avversata dalla confederazione del commercio e del turismo, in quanto limiterebbe la scelta dei prodotti disponibili sugli scaffali. Si porrebbe inoltre in contrasto con le norme europee sulla libera circolazione delle merci, similmente a quanto sta accadendo con un analogo provvedimento preso dalla Bulgaria. Ne scrive Prague Morning.
Resta aggiornato sulle uscite del Václav e di tutti i nostri articoli
La protesta contro il governo
Il movimento civico Un milione di momenti per la democrazia ha annunciato una marcia di protesta nei confronti del governo ceco per il 9 giugno. Secondo gli organizzatori lo stato di emergenza introdotto per contrastare l’epidemia di Covid-19 ha ristretto i diritti civili e ha conferito eccessivi poteri alle autorità. Un anno fa la stessa associazione aveva promosso la più grande manifestazione nel Paese dal 1989, radunando 250mila persone per chiedere le dimissioni del primo ministro Andrej Babiš e del ministro della Giustizia Marie Benešová. Lo scrive Radio Praga.
Tra Recovery Fund e green deal
Italia e Spagna sono i Paesi che otterranno più risorse attraverso il Recovery Fund, e al premier ceco Andrej Babiš la cosa non piace. Paesi che erano già indebitati da prima della crisi vengono aiutati da Paesi con i conti pubblici sani: questo lo schema che si configura, secondo il premier, secondo cui le “cicale” del sud dovrebbero fornire garanzie forti sul fatto che la loro situazione migliorerà in futuro, mentre gli aiuti dovrebbero essere diretti anche a quegli Stati dall’economia sana ma molto dipendenti dall’export, qual è la Repubblica Ceca. Ne scrivono l’Ansa e Radio Praga. In compenso, il governo ceco ha aperto sul piano Ue per il green deal, che la Commissione ritiene cruciale per il rilancio dell’economia. Una inversione a 360 gradi da parte di Praga, che all’inizio della pandemia aveva suggerito di concentrarsi sulla crisi sanitaria congelando i programmi di contrasto alle emissioni. Lo scrive Internazionale.
Espulsi due diplomatici russi
Sarebbe legato a una lotta intestina all’interno dell’ambasciata russa a Praga il caso del presunto piano per avvelenare tre politici cechi, tra cui il sindaco della capitale Zdeněk Hřib, rivelato qualche mese fa dal settimanale Respekt. Secondo il governo ceco si tratterebbe di informazioni totalmente inventate, comunicate ai servizi segreti cechi da un membro dell’ambasciata al fine di danneggiare altri colleghi con cui non era in buoni rapporti. In relazione a quanto emerso, la Repubblica Ceca ha deciso l’espulsione del direttore del centro russo per le scienze Andreij Konchakov e del suo vice Igor Rybakov. Come riportato dal Post, la Russia ha ritenuto il provvedimento un atto ostile.
Ungheria
L’Ungheria e i territori persi dopo il trattato del Trianon / 1914-1918.btk.mta.hu
A cent’anni dal Trianon
Il 4 giugno del 1920, al palazzo del Grand Trianon di Versailles, le potenze alleate vincitrici della Prima guerra mondiale firmarono gli accordi che sancivano la fine dell’Impero d’Austria-Ungheria e la conseguente riduzione di due terzi del territorio ungherese. Nel centenario del trattato, che la società magiara percepisce ancora come una ferita aperta, Euronews ha pubblicato un efficiente e dettagliato resoconto storico e sociale, allargando alle ricadute odierne sulla politica ungherese.
Nel giorno del centenario, a Budapest si sono tenute delle celebrazioni, anche se in tono minore per via delle limitazioni imposte dalla pandemia. Il Guardian con l’occasione ha scritto un’analisi su come il premier Viktor Orbán, pur senza fare rivendicazioni territoriali, abbia usato in questi anni la memoria del Trianon per rinsaldare i legami, economici e politici, tra l’Ungheria e i magiari che vivono all’estero, nei territori un tempo parte della “Grande Ungheria”, vale a dire porzioni delle attuali Slovenia, Croazia, Romania e Serbia.
Via i pieni poteri, ma…
Nonostante l’annuncio del ritiro dello stato d’emergenza, non si placano le polemiche sulle tendenze autoritarie del governo di Viktor Orbán. I pieni poteri cesseranno il 20 giugno, salvo colpi di scena, ma l’osservatorio sui diritti umani Human Rights Watch ha diffuso un comunicato nel quale esprime le sue perplessità sul futuro dello stato di diritto in Ungheria anche dopo la cessazione del provvedimento.
Eco-obiettivi e polemiche
Mercoledì 3 giugno il parlamento di Budapest ha approvato una proposta di legge energetica con l’obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2050, riaffermando l’impegno di arrivare a una riduzione del 40% entro il 2030. Le associazioni ambientaliste hanno espresso forte dissenso e scetticismo per la manovra in quanto gli obiettivi fissati sul breve termine appaiono limitati e rivelerebbero lo scarso interesse del governo nell’effettuare la decarbonizzazione e raggiungere la neutralità climatica. Il ministro dell’energia Péter Kaderják ha sottolineato invece come il piano sia coerente con il ruolo dell’Ungheria nell’Ue, sottintendendo che impegni maggiori spettano a Paesi dal maggiore peso industriale e non dovrebbero pesare sui Paesi legati al fondo di coesione. Se ne parla su Climatechangenews.com.
La chiusura delle zone di transito
Alla fine di maggio il governo ungherese ha annunciato la chiusura delle zone di transito istituite al confine con la Serbia, in cui venivano collocati i richiedenti asilo in attesa dell’esaminazione delle loro richieste. Una settimana prima la Corte di giustizia europea aveva dichiarato l’illegalità di questi centri, che trattenevano senza motivo i migranti per lungo tempo. Per le ong e i gruppi di attivisti, è una vittoria dolceamara. Se da un lato viene espressa soddisfazione per la conclusione di una situazione spesso lesiva della dignità umana, dall’altra viene sottolineato come il governo ungherese abbia preferito liquidare le zone di transito anziché adeguarle a uno stato di legalità. Un approfondimento su Kafkadesk.
Chiamatemi Ungar
Venerdì 5 giugno, Adriano Sofri ha dedicato il suo tradizionale spazio sulle colonne del Foglio al libro Chiamatemi Ungar, edito dai tipi di Polistampa, biografia dell’ortopedico Ferenc Ungar, ebreo ungherese scampato all’Olocausto ed emigrato in Italia dopo una rocambolesca fuga da Budapest in seguito alla repressione del ’56.
Slovacchia
Il successo della fase quattro
Prosegue ad ampie falcate il ritorno verso la normalità dopo la prima ondata dell'emergenza coronavirus, contenuta in maniera invidiabile dalla Slovacchia. La quarta fase scattata il 20 maggio scorso è entrata ulteriormente nel vivo. Come riferisce Reuters, mercoledì 3 giugno hanno riaperto piscine e palestre, mentre fino a 500 persone potranno assistere a eventi sportivi all'aperto. Persino l'obbligo di chiudere alle 22 per locali e ristoranti è stato revocato, mentre gli artisti impegnati in eventi culturali non dovranno più sottoporsi a tampone Covid-19 per prendervi parte. Qui il riepilogo dei cambiamenti comunicati dal premier Igor Matovič.
““Frontiere aperte e ulteriore allentamento delle restrizioni. La Slovacchia, uno dei Paesi ad aver gestito meglio l’epidemia di Covid-19, si appresta a tornare alla normalità.””
Buone notizie anche per quanto riguarda le frontiere. Dal 3 giugno i residenti in Slovacchia che desiderino recarsi in otto Paesi: Austria, Croazia, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Svizzera e Ungheria possono farlo per un massimo di 48 ore senza alcun test o periodo di quarantena obbligatoria. Per il momento, solamente cechi e ungheresi potranno recarsi in Slovacchia liberamente, sempre per un massimo di 48 ore. Dal 4 giugno, invece, è terminato il blocco del traffico aereo.
Si torna a scuola
Nel frattempo, lunedì 1 giugno hanno riaperto tutte le scuole materne ed elementari del Paese. La presenza in classe degli alunni resta su base volontaria. Secondo il ministro dell'Istruzione Branislav Gröhling, la decisione di riaprire gli istituti scolastici è necessaria per consentire ai bambini di tornare a incontrare i propri compagni di classe e di socializzare. Rilevamento della temperatura corporea all'ingresso, uso della mascherina e distanziamento obbligatorio fra i banchi e loro disinfezione sono le principali misure adottate dai presidi in linea con le indicazioni del governo. Restano a casa, per il momento, gli alunni di medie e superiori che continueranno a seguire la didattica a distanza. Lo riferisce Buongiorno Slovacchia.
Cresce la disoccupazione
Le conseguenze del coronavirus sul mercato del lavoro slovacco sono ancora tutte da verificare sul medio-lungo periodo. Tuttavia i dati Eurostat mostrano come fra marzo e aprile l'impatto sull'indice di disoccupazione nel Paese sia stato maggiore rispetto a quello registrato in Europa. Nel giro di appena un mese la Slovacchia è passata dal 5,6 al 6,8% di disoccupati, mentre nell'Unione Europea si è passati dal 6,4 al 6,6%. In attesa dei dati di maggio, preoccupano soprattutto le prospettive occupazionali dell'automotive, vero motore trainante dell'economia. La notizia sullo Slovak Spectator.
Un passo indietro per Fico?
L'ex premier Robert Fico potrebbe lasciare la leadership di Direzione-Socialdemocrazia (Smer-Sd), il partito da lui fondato nel 1999. L'invito a farsi da parte arriva da un altro ex premier, Peter Pellegrini, attuale numero due della formazione al governo fra 2006 e 2010 e poi dal 2012 all'inizio di quest'anno. Secondo Pellegrini, «Smer-Sd deve essere guidato da un leader che voglia lottare e del quale gli slovacchi si fideranno». Proprio la fiducia degli elettori è tutta da riconquistare per un partito che nel giro di otto anni è passato dal 44,4% dei consensi del 2012 al 18,7% conquistato alle parlamentari del 29 febbraio scorso. Su questo crollo ha pesato proprio la figura di Fico, i cui legami con figure poco trasparenti della malavita emersi a seguito dell'omicidio del reporter investigativo Ján Kuciak nel febbraio 2018 ne hanno incrinato la credibilità agli occhi dei compatrioti. Se ne parla su Kafkadesk.
Riparte il campionato di calcio
Sabato 13 giugno con il match fra Slovan Bratislava e Ruzomberok ripartirà la Fortuna Liga, massima serie del campionato di calcio slovacco, interrotta a inizio marzo. Si concluderà in forma abbreviata, con una coda di playoff e playout per stabilire titolo e retrocessioni. L'accesso del pubblico agli incontri sarà consentito, ma con un limite massimo iniziale di 500 spettatori, che potrebbe essere allargato a 1000 dal 1° luglio. Le restrizioni non soddisfano l'associazione dei club della lega calcio slovacca che proverà a convincere il governo ad alzare il limite massimo di presenze negli stadi ritenendo che le condizioni di sicurezza possano essere garantite anche con un maggior numero di spettatori. Per ovviare alla obbligata riduzione di pubblico, tre o quattro partite sulle sei di ogni turno verranno trasmesse dalla televisione. Via Buongiorno Slovacchia.
Il fascino discreto di Bratislava
Incastonata fra Vienna e Budapest che la precedono e seguono lungo il corso del Danubio, Bratislava è una capitale europea raramente celebrata per il proprio fascino. Eppure ha molto da offrire al visitatore di passaggio, a partire da un centro storico perfettamente conservato, passando per la collina del castello e per alcuni interessanti esempi di brutalismo e modernismo. Questa galleria fotografica di Calvert Journal ne evidenzia alcune delle bellezze architettoniche e paesaggistiche.
Le api del presidente
Per concludere, vi proponiamo uno scatto curioso pubblicato dallo Slovak Spectator. Ritrae la presidentessa della Repubblica, Zuzana Čaputová, alle prese con l'apicoltura. In queste settimane due arnie sono state collocate nel giardino alle spalle del palazzo presidenziale di Bratislava. Fanno parte di un progetto per promuovere l'apicoltura e la reintroduzione delle api negli spazi urbani lanciato dalla ong slovacca Živica.
Il presidente slovacco Zuzana Čaputová alle prese con le api / Prezident.sk
Chi siamo, dove siamo
Centrum Report è un collettivo giornalistico fondato da Matteo Tacconi, Fabio Turco, Salvatore Greco e Lorenzo Berardi, tutti appassionati di Europa Centrale. Per saperne di più su di noi clicca qui. Siamo presenti in rete con un sito, una pagina Facebook e un account Twitter.
Due i prodotti che sviluppiamo. Il primo è Václav, una rassegna stampa ragionata. Una bussola per capire dove va la regione. La pubblichiamo ogni due settimane. Se apprezzate il nostro servizio, invitate altre persone a fruirne!
E poi scriviamo i longform. Articoli molto lunghi, da leggere tutti d'un fiato, su cultura, storia, politica e società dei Paesi dell'Europa Centrale. Non inseguiamo l'attualità, cerchiamo piuttosto di promuovere un giornalismo lento e attento. Ecco l'archivio della sezione.