Václav #25

UNGHERIA

La tomba dello stato di diritto     
Lo stato di diritto in Ungheria è morto. Non usa mezzi termini questo editoriale di Attila Mráz su Eu Observer, estremamente critico nei confronti dell’atteggiamento del governo di Orbán, accusato di non rispettare la divisione dei poteri dello Stato oltre che di prendersela con le minoranze. Tutto parte dalla storia di un gruppo di ex studenti di origine rom che hanno vinto una causa per discriminazione e segregazione razziale per essere stati assegnati a una classe separata, ma che probabilmente non riceveranno mai l'indennizzo che spetterebbe loro. Nelle scorse settimane, il premier Orbán si è espresso pubblicamente sul caso facendo capire di essere contrario che le vittime ricevano «ingenti quote di denaro senza fare niente». Un’ingerenza, quella del premier, che avrebbe influito sulla decisione dei giudici.

Interferenze rumene        
Il governo Orbán guarda con molto interesse alla nutrita minoranza ungherese in Romania, comunità che conta più di un milione di individui. In questo interessante approfondimento di Balkan Insight, una panoramica sugli ingenti finanziamenti che il governo di Budapest stanzia ad associazioni, media e persino chiese della comunità ungherese in Romania affinché «vivano come se fossero in Ungheria». Si calcola che i fondi totali destinati a questa operazione di collegamento con la comunità con gli ungheresi di Transilvania abbiano superato i 150 milioni di Euro.

I guai dell’opposizione
I partiti che in Ungheria si oppongono al governo Orbán non sempre lo fanno da posizioni comuni, e i tentativi di impostare una narrazione diversa sul futuro del Paese sembrano destinati a fallire di fronte al potere pervasivo che il premier e il suo partito, Fidesz, hanno costruito. Come inquadrare in questa situazione la sorprendente sconfitta dei governativi alle municipali di Budapest? E quali segnali coglierne? Un editoriale dell’Economist

Grane europee per Fidesz  
Il Partito popolare europeo, per voce del suo rappresentante Donald Tusk, ha confermato la sospensione di Fidesz dalle fila della congregazione dei partiti liberal-conservatori europei. Tusk, che è da poco diventato presidente del Ppe, ha dichiarato che non è intenzionato a dare il via a sconvolgimenti, ma non è nemmeno pronto a cedere sui valori fondativi del partito. Dalle parti di Fidesz tuttavia non traspare preoccupazione e le voci che vedono i popolari ungheresi pronti a cambiare gruppo si fanno insistenti. Lo riporta il New York Times.

La Coco Chanel d'oltrecortina        
Klara Rotschild è stata una stilista ungherese di grande fama, tanto da essere chiamata la Coco Chanel dell’Est, e nota per aver confezionato abiti per il maresciallo Tito, la moglie dell’ultimo Scià di Persia e l’attrice hollywoodiana di origini ungheresi Zsa Zsa Gabor. Ebrea di nascita, la Rotschild riuscì a scampare all’Olocausto come stilista della classe dirigente nazionalista ungherese degli anni ’30 e riuscì anche a farsi accettare dal nuovo clima politico, diventando apprezzata anche tra i quadri del partito comunista ungherese dopo la fine della guerra. Oggi il Museo nazionale di Budapest le dedica una mostra, simbolo dei tentativi del governo di farne una sua icona, come racconta Balkan Insight

Diritti Lgbt+ a rischio
C’è timore in Ungheria per le posizioni del governo sempre più apertamente critiche verso la comunità Lgbt+ locale. Come denuncia l’associazione Hatter, alcune iniziative di legge e la retorica ostile da parte del partito di governo Fidesz fanno temere la perdita progressiva dei diritti conquistati nei decenni seguiti alla caduta del sistema comunista. Non è un mistero l’appoggio del premier Orbán a un modello di famiglia tradizionale e conservatore, ma per il momento la comunità Lgbt+ ungherese può godere di diritti all’avanguardia rispetto ad altri Paesi della regione. Ne ha parlato Nbc News.

 

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