Vistola e Oder di fronte all’emergenza climatica: la Polonia tra siccità e alluvioni, facce della stessa medaglia


Questo longform è stato scritto da Oscar Luigi Guccione* e Fabio Turco, ed è frutto di una collaborazione tra Centrum Report e Meridiano 13, che con l’occasione abbiamo il piacere di annunciare. Questo articolo lo potete trovare anche nel sito web di Meridiano 13.


Il cambiamento climatico globale impatta duramente anche sull’Europa, con effetti sempre più marcati sia nelle regioni aride che in quelle tradizionalmente più umide. La Polonia, paese spesso associato a inverni rigidi e piogge abbondanti, si trova oggi a fronteggiare una crescente crisi idrica, con fenomeni siccitosi sempre più intensi e prolungati. Questo scenario paradossale, che vede una nazione tradizionalmente ricca di risorse idriche lottare contro la scarsità d’acqua, evidenzia la complessità e la portata delle trasformazioni climatiche in atto su scala globale.

Non si tratta più di cambiamenti lenti e graduali, ma di sconvolgimenti rapidi che alterano gli equilibri naturali consolidati. Negli ultimi anni, la Polonia ha sperimentato periodi di siccità precoce, con una preoccupante riduzione delle riserve idriche già a partire dalla primavera, un periodo cruciale per l’agricoltura e per il ripristino delle falde acquifere dopo il periodo invernale. 

Le precipitazioni, divenute più irregolari e concentrate in eventi estremi, alimentano un ciclo idrologico sempre più instabile, alternando drammaticamente periodi di siccità estrema, che inaridiscono i campi e mettono a dura prova gli ecosistemi, ad alluvioni devastanti, che sommergono centri urbani e rurali, causando danni ingenti e mettendo a rischio vite umane.

Vistola e Oder: due fiumi emblematici della crisi idrica polacca


La Vistola e l’Odra (nome polacco del fiume Oder), arterie fluviali vitali che solcano il territorio polacco, diventano così specchio emblematico delle criticità idriche che affliggono il paese, mostrando vulnerabilità simili di fronte alle sfide climatiche e ambientali che si acuiscono di anno in anno. Questi due grandi fiumi, da sempre elementi fondanti del paesaggio e della vita economica e sociale della Polonia, si trovano oggi a fronteggiare minacce convergenti che ne mettono a rischio la salute e la funzionalità.

La Vistola è il fiume più lungo della Polonia. Nasce dai monti Beschidi Occidentali, in Slesia, e attraversa la Polonia da sud a nord fino a sfociare nella baia di Danzica, nel Mar Baltico. Sulle sue rive sono costruite ben 53 città polacche, tra cui Varsavia, Cracovia, Danzica e Toruń. La sua importanza ha testimonianza millenaria, e fu il collegamento culturale e commerciale tra la Polonia e l’Europa occidentale per secoli – motivo per cui potrete trovare l’ambra del Baltico nella Lucania medioevale.

La siccità sta colpendo il fiume in modo sempre più allarmante. Solo pochi giorni fa, la piattaforma giornalistica Interia ha lanciato un grido d’allarme riguardo al livello idrometrico del fiume, sceso a soli 71 cm, ben al di sotto della soglia di sicurezza per il normale deflusso delle acque. Questo livello così basso, registrato in un periodo dell’anno in cui il fiume dovrebbe essere in piena ripresa dopo il disgelo invernale, è un segnale inequivocabile della gravità della situazione.

Tra le cause principali di questa magra senza precedenti si annoverano le scarse nevicate durante gli inverni recenti, un fenomeno che riguarda non solo le pianure polacche, ma anche le zone montuose da cui la Vistola trae origine. 

La Vistola in secca a Varsavia 2015 (Wikimedia Commons/Bernard NoK)

Questa drastica riduzione della neve, che funge da serbatoio naturale di acqua rilasciata gradualmente durante la primavera e l’estate, ha un impatto diretto sulla portata dei fiumi e sulla disponibilità idrica complessiva. A questo si aggiungono inverni sempre più miti e brevi, che riducono il periodo di accumulo nevoso, e ondate di calore sempre più frequenti e precoci nel corso dell’anno, che accelerano lo scioglimento delle nevi residue e aumentano l’evaporazione dai suoli e dai corsi d’acqua, aggravando ulteriormente la situazione di siccità.

Non va poi sottovalutato un fattore cruciale come la ridotta capacità di ritenzione idrica del suolo, ovvero la capacità del terreno di trattenere l’acqua, un problema sempre più sentito in molte regioni europee. Questo fenomeno non solo aumenta esponenzialmente il rischio di siccità prolungata, ma incide negativamente sulla fertilità dei terreni agricoli, rendendoli più vulnerabili all’erosione e alla desertificazione, compromettendo la prevenzione degli incendi boschivi e riducendo la capacità di mitigazione delle piene in caso di forti piogge. 

Le conseguenze di questa crisi idrica si fanno sentire pesantemente sull’agricoltura polacca, un settore economico fondamentale per il paese. La scarsità d’acqua compromette le coltivazioni, causando inevitabili incrementi dei prezzi di frutta e verdura, alimentando l’inflazione e acuendo le tensioni sociali tra il settore agricolo, già provato da altre difficoltà, e le istituzioni governative, chiamate a trovare soluzioni efficaci per sostenere il comparto primario e garantire la sicurezza alimentare.

Non solo Vistola: le sofferenze dell’Oder, un fiume

(geo)politico

Spostandoci a sud-ovest, un altro grande corso d’acqua bagna la Polonia: è l’Oder, fiume che attraversa la Germania, la Repubblica Ceca e la Polonia. Sorge in Moravia, sale verso la Polonia passando per Breslavia, e riceve le acque del fiume Neisse, con il quale segna il confine geopolitico con la Germania, come stipulato dagli accordi post Seconda guerra mondiale. Sfocia, infine, anch’esso nel Mar Baltico.

Parallelamente alla Vistola, anche l’Oder risente pesantemente della siccità, con ripercussioni significative sugli ecosistemi fluviali e sulle diverse attività economiche che dipendono dal fiume, dall’industria alla navigazione, dall’agricoltura al turismo.

Ma la crisi idrica in Polonia non si manifesta solo attraverso la siccità. Paradossalmente, entrambi i fiumi, Vistola e Oder, sono sempre più minacciati da eventi alluvionali estremi, un altro volto drammatico del cambiamento climatico.

La Vistola, purtroppo, ha già subito una delle alluvioni più gravi della sua storia recente nel 2010, un evento catastrofico che ha lasciato un segno profondo nel paese, con conseguenze drammatiche per centri urbani e rurali, decine di vittime e ingenti danni ambientali, tra cui la morte di decine di migliaia di animali, un bilancio pesantissimo che testimonia la violenza e l’imprevedibilità di questi fenomeni estremi. Allo stesso modo, l’Oder è tristemente nota per la sua storia di esondazioni devastanti.

Nel luglio 1997, una violenta alluvione (passata alla storia come “Alluvione del Millennio” per la sua portata eccezionale) sommerse completamente Breslavia e vaste aree circostanti, causando decine di morti e rivelando in modo drammatico l’inadeguatezza della risposta statale di fronte a un disastro di tale portata, pur essendo a conoscenza della potenza distruttiva dell’evento con un certo anticipo.

L’Oder esondò nuovamente nel 2010, a distanza di soli 13 anni dalla precedente alluvione catastrofica, danneggiando gravemente migliaia di edifici, allagando le strade di decine di città e mettendo in ginocchio interi territori, soprattutto nei voivodati di Opole e della Slesia, dimostrando come la vulnerabilità della regione di fronte a questi eventi estremi sia ancora elevatissima.

Una zattera naviga per le strade di una Breslavia allagata in seguito all’alluvione del Millennio. Luglio 1997
(Wikimedia Commons/J.M.K. Kokot)

Ancora recentemente, nel settembre 2024, un’ondata di maltempo eccezionale, battezzata “Ciclone Boris”, si è abbattuta con violenza sul centro Europa, vessando in particolare la Moravia, l’Austria e la Polonia sud-occidentale per ben due settimane, un periodo di tempo lunghissimo che ha messo a dura prova le infrastrutture e la resilienza delle comunità locali. 

Il governo polacco, di fronte alla gravità della situazione, ha dovuto dichiarare lo stato di calamità naturale per la terza volta nella sua storia, un provvedimento estremo che sottolinea la portata del disastro, e ha deciso di evacuare in via precauzionale diverse cittadine lungo il corso dell’Oder, molte delle quali sono rimaste senza gas, acqua potabile ed elettricità per settimane, con conseguenze pesanti sulla vita quotidiana e sulle attività economiche.

Inquinamento e riscaldamento globale: la mano dell’uomo

Infine, un’ulteriore grave minaccia incombe sui fiumi polacchi: l’inquinamento delle acque, un problema cronico che si acuisce a causa dei cambiamenti climatici e delle attività antropiche.

Sia la Vistola che l’Oder sono alle prese con gravi problemi di inquinamento, legati a scarichi industriali e civili, a pratiche agricole intensive e a incidenti ambientali. La Vistola, in particolare, ha registrato in tempi recenti preoccupanti episodi di moria di pesci in diverse zone del suo corso e formazione di schiuma sospetta alla superficie, fenomeni verosimilmente legati a scarichi inquinanti di varia natura, anche se le indagini sono ancora in corso per accertare le cause precise e individuare i responsabili.

Ma è soprattutto l’Oder ad essere stata al centro di un vero e proprio scandalo ambientale di proporzioni internazionali nel 2022, quando si è assistito a una moria di pesci tra le più gravi mai registrate in Europa negli ultimi decenni, con una diminuzione stimata del 60% della fauna ittica in alcuni tratti del fiume.

Le analisi scientifiche condotte sugli animali hanno evidenziato condizioni che suggerivano il soffocamento, e la concomitanza di picchi di caldo estremo, con temperature dell’acqua intorno ai 37 gradi in pieno luglio, e la bassa ossigenazione dell’acqua, sembravano confermare questa ipotesi iniziale.

Pesci morti a seguito del disastro ambientale del 2022 nel fiume Oder. 13 agosto 2022 (Wikimedia Commons/Hanno Böck)

Tuttavia, le alte temperature potrebbero anche aver giocato un ruolo indiretto, rendendo le concentrazioni di agenti inquinanti, eventualmente presenti nelle acque del fiume, molto più tossiche per la fauna ittica, e il tentativo degli organismi acquatici di adattarsi a nuove condizioni climatiche estreme e alla mutata composizione chimica dell’acqua potrebbe aver ulteriormente indebolito gli animali, portandoli infine alla morte in massa, come argomentato da diversi ricercatori polacchi che hanno studiato il fenomeno. 

Purtroppo, il fenomeno drammatico della moria di pesci si è ripetuto anche negli anni successivi, nel 2023 e nel 2024, soprattutto nel canale artificiale di Gliwice, un importante corso d’acqua che confluisce nell’Oder, ma le cause certe di questi ricorrenti fenomeni tardano ancora a essere scoperte e accertate con precisione. Ciò anche a causa della criticata inerzia e della scarsa collaborazione mostrata dagli apparati governativi polacchi e tedeschi, competenti per territorio e per responsabilità nella gestione del fiume transfrontaliero. 

Ovviamente, la situazione creatasi è estremamente preoccupante non solo per le gravi conseguenze ambientali e per la perdita di biodiversità, ma anche per la salute pubblica, a causa del rischio di consumo di pesci potenzialmente contaminati da sostanze tossiche, e per la tenuta complessiva dell’ecosistema fluviale, già messo a dura prova da altri fattori di stress.

Di fronte a questo scenario complesso e preoccupante, emergono anche segnali di speranza e di mobilitazione della società civile. Ultimamente, va segnalata l’interessante iniziativa promossa dalla fondazione Osob Odra, che ha presentato una coraggiosa iniziativa legislativa per attribuire all’Oder, uno dei fiumi più martoriati d’Europa, lo status giuridico di “persona”, riconoscendogli di fatto dei diritti fondamentali da tutelare. 

L’idea, che sta prendendo piede in diverse parti del mondo e che esiste già con successo in nazioni come Spagna, Canada e Nuova Zelanda, rappresenta una strada innovativa per rafforzare la tutela ambientale e potrebbe rendere più efficace la battaglia ambientalista, creando un precedente legale importante per obbligare le autorità competenti ad impegnarsi maggiormente nel contrastare la devastazione naturale e offrire risposte concrete e tempestive alle crescenti preoccupazioni generali per la salute dei fiumi polacchi e per la salvaguardia del patrimonio ambientale del paese.

A volte l’uomo fa anche cose buone

Finora abbiamo parlato dell’intervento dell’essere umano solo in termini negativi, ma va evidenziato anche come investimenti in determinate opere d’ingegneria possano mitigare i danni causati dal riscaldamento climatico.

È il caso di quanto avvenuto durante la recente alluvione di settembre 2024, in cui un ruolo decisivo è stato giocato dai bacini idrici di contenimento costruiti negli ultimi anni. In particolare il bacino di Racibórz Dolny, nel basso corso del fiume Odra, che ha intercettato l’onda di piena del fiume proteggendo i voivodati di Opole e della Bassa Slesia. 

Attivato intorno alle 4:20 del mattino del 15 settembre nel giro di tre giorni aveva immagazzinato 134 milioni di metri cubi d’acqua, ovvero il 72% della sua capacità. Al suo picco ha raggiunto l’80% ovvero quasi 148 milioni di metri cubi. 

Struttura di drenaggio e di sfioro del serbatoio di controllo delle piene di Racibórz Dolny. Luglio 2020 (Wikimedia Commons/Olos 88)

L’idea della costruzione del bacino di Racibórz Dolny risale addirittura al 1880, quando in seguito a una delle tante catastrofiche alluvioni che hanno colpito la regione della Slesia, iniziarono le discussioni sulla necessità di tale infrastruttura. I primi progetti videro vita solo negli anni ‘60 del ‘900, ma la realizzazione fu accantonata a causa dei costi troppo alti.

L’idea fu ripresa nei decenni successivi con una costruzione graduale, che includeva il recupero di aree precedentemente utilizzate per l’estrazione di aggregati.

La prima fase del progetto, il polder di Buków, è stata completata nel 2001 e ha intercettato con successo oltre 50 milioni di metri cubi di acque alluvionali durante le inondazioni del 2010.

La costruzione dell’invaso è iniziata nel 2013 ed è stata completata a metà 2020. L’opera copre copre un’area di 26 chilometri quadrati con una capacità totale di 185 milioni di metri cubi. Il serbatoio è stato costruito al costo di circa 2 miliardi di złoty (circa 466 milioni di euro), finanziato dall’Unione Europea, dalla Banca mondiale, dalla Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa e dal governo polacco.

Progetti di tutela dei fiumi

La costruzione del bacino di  Racibórz Dolny fa parte del Progetto di protezione delle inondazioni del bacino del fiume Odra (ORFPP), gestito dalla Compagnia Statale delle Acque (Państwowe Gospodarstwo Wodne Wody Polskie). Il focus di questo progetto è in particolare sulle aree situate nella valle dell’Odra da Racibórz fino a Wrocław.

Un’importante opera è proprio la modernizzazione del sistema di canalizzazione delle acque di piena del capoluogo della Bassa Slesia, città simbolo dell’alluvione del 1997. Unitamente al miglioramento delle strutture idrauliche situate all’interno della città e nei dintorni, è in grado oggi di convogliare in sicurezza un’onda di piena con una portata di 3.100 m3/s. Grazie anche a questi interventi Wrocław è rimasta praticamente indenne all’inondazione dello scorso settembre. 

Il progetto complessivo, dal costo iniziale, ma non finale, di 505 milioni di euro è stato realizzato con la collaborazione del governo polacco,della Banca Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo e della Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa.

Un progetto analogo è quello della Gestione delle Inondazioni dell’Odra-Vistola (OVFMP), il cui obiettivo è aumentare la protezione dalle inondazioni per le persone che vivono in determinate aree dei bacini dell’Odra e dell’Alta Vistola, rafforzando la capacità istituzionale della pubblica amministrazione per mitigare in modo più efficace l’impatto di questi fenomeni.

Il piano individua tre regioni di interesse: il corso dell’Odra medio e inferiore, la valle di Kłodzko (il bacino del Nysa Kłodzka), e il bacino dell’Alta Vistola. L’obiettivo è quello di fornire un rafforzamento delle capacità nazionali di previsione delle inondazioni e operative dei servizi di emergenza, soprattutto nel sud e nell’ovest della Polonia, attraverso l’implementazione delle direttive quadro dell’Ue sulle acque e sulle alluvioni, attraverso lo sviluppo del sistema nazionale di monitoraggio e allerta delle inondazioni, nonché la costruzione di modelli di simulazione matematica in grado di informare meglio sui rischi di inondazione. 

Il costo totale iniziale del progetto era di 1,2 miliardi di euro, ma anche in questo caso, non essendo ancora completato, non è possibile avere una stima finale. 

L’importanza della Grassa Caterina

Un altro aspetto della sicurezza è quello legato alla qualità dell’acqua.

A Varsavia, più o meno all’altezza dei quartieri di Czerniaków sulla sponda ovest e di Saska Kępa in quella est, al centro del fiume Vistola, si staglia una imponente struttura di cemento armato. A causa della forma un po’ tozza è stata ribattezzata “Gruba Kaska”, la Grassa Caterina, ed è il più grande impianto di filtraggio di questo tipo in Europa. Le dimensioni sono in effetti importanti: 51 metri di altezza, circonferenza di 44 metri, si sviluppa per 31 metri sott’acqua. Dal 1964, anno della sua costruzione, dei tubi d’acciaio perforati affondano sotto la Vistola pompando l’acqua del fiume verso l’alto.

In una sala della struttura si trova un laboratorio con una funzione peculiare. All’interno di un acquario ci sono otto vongole sulle cui valve sono applicati dei sensori collegati a un computer. Il loro compito è quello di rilevare eventuali anomalie nella qualità dell’acqua. Si tratta infatti di mitili prelevati da laghi molto puliti e per questo sensibili alla presenza per esempio di metalli pesanti o altre sostanze nocive in quantità eccessive.

Se queste vongole rilevassero qualcosa di strano, smetterebbero di aprire le valve (normalmente il ciclo di apertura e chiusura avviene ogni quattro minuti) e l’impulso dato al computer bloccherebbe subito il flusso idrico. Fortunatamente uno scenario del genere non si è finora mai verificato.

Le vongole restano in servizio tre mesi, poi vengono restituite al loro habitat naturale. 

Vista della “Grassa Caterina” (Gruba Kaśka) sulla Vistola a Varsavia (Wikimedia Commons/Dariusz Kowalczyk)

Gruba Kaska” è la prima struttura di un complesso sistema di depurazione delle acque. La struttura principale si trova proprio al centro della città, nel quartiere di Ochota. Risale al 1886, anno di inaugurazione, su progetto dell’ingegnere inglese William Lindley. Da allora l’acqua utilizzata dai varsaviani passa attraverso i suoi caratteristici serbatoi, ulteriormente esaminata e distribuita. Negli ultimi anni sia Gruba Kaska che Filtry sono entrati nel registro delle Infrastrutture Critiche e per questo soggetti a standard di sicurezza particolarmente elevati. Il timore è che possano essere oggetto di attentati bioterroristici. Le acque libere dei fiumi possono infatti essere facilmente contaminate. 

Anche questo, oltre all’inquinamento, un problema di assoluto rilievo nei tempi che stiamo vivendo. 

*Oscar Luigi Guccione vive a Varsavia, dove lavora come Program Assistant presso il think tank The German Marshall Fund of the United States (GMF). Nel 2021 ha conseguito una laurea magistrale in Studi Europei con un double degree presso l'Università Jagellonica di Cracovia, prima di trasferirsi a Danzica e successivamente a Varsavia. Parallelamente, sta portando avanti un dottorato presso l'Università di Varsavia, concentrandosi sul comportamento elettorale in Polonia e la democrazia deliberativa.


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