L'eredità investigativa di Ján
di Lorenzo Berardi
Il 21 febbraio 2018 il cronista investigativo Ján Kuciak e la fidanzata Martina Kušnírová venivano uccisi nella loro abitazione, a cinquanta chilometri da Bratislava. Kuciak, ventisettenne reporter del portale Aktuality.sk, collaborava anche con realtà come il Centro ceco per il giornalismo investigativo, l'Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) e l'Investigative Reporting Project Italy (Irpi). Stava lavorando a una serie di articoli incentrati sulla presenza della 'ndrangheta in Slovacchia e ai rapporti esistenti fra gli uomini delle cosche e insospettabili rappresentanti del potere politico ed economico del Paese. Possedeva un talento innato per scovare e analizzare dati estratti da archivi online e faldoni procedurali.
Il 14 marzo di quest'anno l'uomo d'affari Marian Kočner è stato incriminato dal pubblico ministero che si occupa delle indagini sulla morte di Ján e Martina con l'accusa di essere il mandante del duplice omicidio. Dal giugno scorso è in prigione per reati finanziari dei quali Kuciak aveva scritto a più riprese. Prima ancora che si iniziassero a individuare esecutori e mandanti del duplice omicidio, la società civile slovacca aveva già reagito con forza. Robert Fico, premier all'epoca dei fatti, si è dimesso il 15 marzo 2018 in seguito a una serie di proteste di piazza alle quali hanno partecipato centinaia di migliaia di persone. Lo ha sostituito il collega di partito Peter Pellegrini. Un anno dopo, la candidatura alle presidenziali del 16 marzo 2019 di Zuzana Čaputová, avvocato in prima linea nella lotta alla corruzione, e la sua probabile affermazione al secondo turno contro Maroš Šefčovič del partito di governo Smer dimostrano come il vento nel Paese stia cambiando.
Anche i giornalisti slovacchi non sono stati a guardare. Dal gennaio di quest'anno il Centro investigativo di Ján Kuciak (Investigatívne centrum Jána Kuciaka, Icjk) è una realtà. Lo hanno fondato cronisti che conoscevano il giovane reporter o avevano collaborato con lui. La sede è seminascosta in un'anonima via residenziale di Bratislava e per ora vi lavorano tre persone. Nelle settimane iniziali sono state loro a coprire l'affitto dei locali e a pagare di tasca propria per i computer e la connessione Internet necessari per svolgere il proprio lavoro. Ora cercano finanziamenti tramite crowdfunding, donazioni di privati cittadini o fondazioni. A occuparsi di questo aspetto, e a sincerarsi della completa trasparenza dei fondi ricevuti, è la ventunenne Nikola Gajdošová.
Il direttore dell'Icjk, nonché uno dei suoi fondatori, è invece il cinquantenne Arpád Soltész. «Prima che aprisse il nostro centro, in Slovacchia non c’era nulla di simile. Non so come mai, forse perché nessun giornalista slovacco era interessato a lasciare il proprio posto di lavoro nella redazione di un organo d'informazione tradizionale», spiega a Centrum Report che lo ha raggiunto via mail. «Io stesso ho lavorato come reporter investigativo negli anni ’90 e nei primi anni 2000, ma ora sono un commentatore politico (sul portale Novitny.sk, ndr). Dirigo il centro, è vero, ma mi occupo soprattutto di creare lo spazio necessario ad altri reporter per fare giornalismo investigativo. Fra di essi la nostra principale cronista, Katka Jánošíková. Arriva dalla televisione pubblica ed è lei che si occupa del lavoro investigativo vero e proprio».
Come è nata l'idea di creare il Centro investigativo di Ján Kuciak? Se ne discuteva già prima dell’omicidio del vostro collega oppure è stata una forma di reazione alla sua morte?
«Il centro è stato fondato da tre persone: Peter Bárdy, caporedattore del portale Aktuality.sk per cui lavorava Ján, Zuzana Petková – che è stata una reporter per il settimanale Trend e adesso dirige la Stop Corruption Foundation – e da me. Peter però si è reso conto che intendeva concentrarsi sul proprio lavoro giornalistico ad Aktuality.sk e allora gli è subentrata Pavla Holcová del Centro ceco per il giornalismo investigativo di Praga. Pavla ci aveva aiutato sin dall’inizio e senza di lei oggi non esisterebbe ancora un centro del genere in Slovacchia. L’idea iniziale di creare il centro è stata mia. L'ha scatenata il senso di frustrazione successivo all’assassinio di Ján e Martina. Tuttavia, l’attuale forma del centro è il risultato di molte e lunghe discussioni in proposito assieme a Peter, Pavla e Zuzana».
Il vostro centro esiste da appena tre mesi. Cosa avete in mente per il futuro?
«Intendiamo lavorare ad alcune nostre storie e poi pubblicarle attraverso il centro, ma lo scopo principale dell'Icjk è quello di fare collaborazione internazionale. Ján è stato il primo giornalista slovacco ad avere compreso l’importanza e il potenziale di questo tipo di cooperazione fra reporter mentre lavorava a varie storie assieme a Pavla Holcová. Ci piacerebbe organizzare workshop ed eventi, ma molto dipenderà dalle risorse economiche che avremo a disposizione e dalla mole di lavoro. Siamo proprio all’inizio della nostra esperienza e preferirei non fare promesse ora che non riusciremo a mantenere in seguito. Posso anticipare che quest’estate collaboreremo con alcune università slovacche per avere dei tirocinanti. E già adesso siamo pronti ad aiutare colleghi reporter stranieri che intendano occuparsi di storie giornalistiche in Slovacchia».
A proposito di collaborazioni internazionali, chi sono oggi i vostri principali partner fuori dalla Slovacchia e, più nello specifico, in Europa Centrale?
«I nostri partner più importanti fuori dalla Slovacchia al momento sono l’Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) e Pavla Holcová del Centro ceco per il giornalismo investigativo. Siamo appena stati invitati a entrare a fare parte di Vsquare.org, una realtà che si occupa di giornalismo investigativo nei quattro Paesi di Visegrád, ma questa possibile collaborazione dipenderà dalla mole di lavoro che avremo. Di sicuro parteciperò al prossimo incontro dei giornalisti di Vsquare che si terrà proprio qui in Slovacchia per discutere di una nostra eventuale partecipazione al progetto con i reporter che già ne fanno parte».
Cosa è cambiato nel vostro lavoro dopo l'assassinio di Kuciak e le grandi ripercussioni che ha avuto sulla politica e sulla società civile in Slovacchia?
«Le sfide principali per il nostro lavoro non sono cambiate. Forse oggi, dopo quanto è accaduto, i giornalisti investigativi in Slovacchia sono più motivati a svolgere il proprio lavoro rispetto a quanto accadeva in passato. Da un lato, noto che i reporter lavorano di più e più duramente. Dall'altro, avverto maggiori sostegno e fiducia da parte della società civile di quanti ne avessimo prima dell’assassinio di Ján».
I media slovacchi che si occupano di giornalismo investigativo sono stati colpiti direttamente o indirettamente da qualche legge? Esistono minacce all'orizzonte?
«Non ancora, ma il Partito Nazionale Slovacco, Sns, sta cercando di modificare la legislazione sui media e di esercitare alcune forme di controllo degli organi d’informazione da parte dello Stato. A ciò vorrei aggiungere che le istituzioni in questo Paese non sono ancora abituate ad avere a che fare con i reporter investigativi. Ad esempio, il 14 marzo scorso l’ufficio del pubblico ministero ha negato al nostro centro l’accredito per l’accesso all'ultima conferenza stampa sugli sviluppi delle indagini sull’assassinio di Ján e Martina. Il motivo è che non ci considerano giornalisti».
Un modello da seguire per il Centro investigativo di Ján Kuciak esiste già e si trova a Praga. È qui, sulle rive della Moldava, che nel 2013 è stato fondato il Centro ceco per il giornalismo investigativo (České centrum pro investigativní žurnalistiku, Ccpiz). Al pari della realtà di Bratislava, anche questo centro è nato per iniziativa di un gruppo di reporter investigativi. Oggi la realtà praghese è uno dei soci più attivi dell’Occrp e fa parte anche del Global Investigative Journalism Network. Fra le inchieste internazionali alle quali i suoi reporter hanno partecipato vi sono articoli dedicati agli investimenti sia russi che cinesi in Europa Centrale e all'infiltrazione delle mafie in Repubblica Ceca e Slovacchia.
Proprio a quanto sta accadendo nella vicina Slovacchia i reporter del centro praghese guardano con molta attenzione. Una delle giornaliste del Ccpiz, Eva Kubániová, aveva studiato giornalismo assieme a Kuciak, mentre la direttrice Pavla Holcová è stata determinante nella nascita dell'Icjk. Non solo. Come afferma lei stessa, contattata da Centrum Report, «Conoscevo Ján di persona e anche abbastanza bene. A partire dal 2013, avevamo lavorato assieme a molti progetti di giornalismo investigativo, compresi i Panama Papers, e ci eravamo occupati della presenza della ‘ndrangheta in Slovacchia».
Il direttore del Centro investigativo di Ján Kuciak, Arpád Soltész, sostiene che senza il tuo aiuto oggi non esisterebbe ancora un centro per il giornalismo investigativo in Slovacchia.
«Il nostro ruolo è stato semplicemente quello di aiutare i colleghi di Bratislava a decollare fornendo consigli utili. Perché l’Icjk è un nostro partner e lo sarà anche in futuro. Condividiamo già i nostri dati, le nostre storie e i nostri progetti presenti e futuri con loro e i due centri collaborano attivamente».
Cosa vi spinse a fondare il vostro centro di Praga, sei anni fa, e quali attività svolgete ora?
«Abbiamo creato il centro e il suo portale, investigace.cz, per portare progetti giornalistici internazionali nella nostra regione. All’epoca nessuno in Repubblica Ceca lo stava facendo e allora abbiamo sentito il bisogno di entrare a fare parte della comunità di reporter investigativi nel mondo. Oggi promuoviamo un giornalismo investigativo capace di superare i confini cechi seguendo, scrivendo e pubblicando storie che abbiano una prospettiva internazionale. Inoltre, nella stesura dei nostri articoli recuperiamo dati e documenti importanti rendendoli di dominio pubblico così che tutti possano conoscerli».
Oltre che con gli slovacchi dell’Icjk, riuscite a collaborare anche con colleghi polacchi e ungheresi?
«Sì, il nostro centro di Praga fa parte sin dall'inizio del progetto Vsquare che copre i quattro Paesi di Visegrád e pubblica storie di giornalismo investigativo in inglese su questa regione d’Europa».
Ritieni che oggi ci sia spazio sufficiente per chi vuole occuparsi di giornalismo investigativo e pubblicare le proprie storie in Repubblica Ceca?
«Di spazio ne esiste parecchio. In questo Paese il giornalismo investigativo è visto come uno degli strumenti più efficaci per combattere la corruzione e quindi esiste una grande richiesta per storie di alta qualità. Ci sono numerosi media cechi che fanno giornalismo investigativo di ottimo livello, per esempio il quotidiano Deník N, il settimanale Respekt, il mensile Reportér magazín, il portale hlidacipes.org e molti altri, compresi la radio e la televisione pubblica».
Quali sono le sfide da affrontare per i reporter investigativi cechi? Ci sono leggi che vi hanno colpito?
«Le sfide principali per noi sono sicuramente la congiuntura politica e la difficoltà nel reperire fondi. E la situazione non è cambiata granché dopo l’assassinio di Ján. Nessuna legge recente ha reso più difficile il nostro lavoro. Perlomeno non nella Repubblica Ceca».